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Una cattiva pronuncia, dunque, puņ portare dolore o salvezza
Di Carvelli (del 05/06/2006 @ 09:08:01, in diario, linkato 974 volte)

Ancora metro, ancora un libro. Qui la lunghezza non collima. Da qui a lì 57 pagine ma non il libro intero che è PHILIPPE GRIMBERT "Un segreto" (Bompiani) che è un Premio Goncourt des Lycéens. Distolgo lo sguardo dalla pagina solo quando un ragazzo racconta ad un suo compagno di scuola una disavventura d'aula. Hanno professori diversi e il brufoloso e occhialuto ragazzo alto dice all'altro dell'appello con accento greco di un suo nuovo (nuovo?) professore. Forse un supplente? Lamenta la strana pronuncia e le risate a seguire della lettura dei cognomi. C'è da crederlo l'imbarazzo: sono discordanze che feriscono alla loro età, effrazioni del proprio profilo, imbarazzi. Non posso non rimbalzare questa rabbia (sia pure partita da considerazioni utilitaristiche e comprensibilmente difensive) razzista su quella con cui l'autore ricorda la perpetuazione del genocidio e "il dolore dell'essere ebrei" in uno scambio di lettere all'anagrafe come un colpo di spazzola lessicale su una condizione di infinito dolore e vergogna esistenziale. Una cattiva pronuncia, dunque, può portare dolore o salvezza.