Ogni tanto ci si apre un vuoto ed è come se fosse un piccolo squarcio di niente sul niente. Non è definitivo quello che pensiamo, né quello che scriviamo, né niente di quello di cui abbiamo avuto esperienza sinora lo è. Alla fine il tempo sta meglio sugli oggetti che su noi. Lì produce danni, lì segna enfasi o riprove. Meglio è quello che accade in un seminterrato, nell'estemporaneità di una metropolitana fuori dall'orario di punta. Noi, siamo unacartina muta: si vede tutta la nostra geografia di dolori o piaceri ma non se ne individuano tempi e cause e alla fine sembriamo un rebus senza numeri (e quindi senza parole). Meglio gli oggetti, meglio gli ambienti. Specie se vuoti. Meglio pensare così e andarsene in giro con questo mite proposito dell'inferiorità rispetto alle cose o solo un pareggio, un uguale, un come tutto il resto. Niente di speciale, insomma.
I quadri qui riprodotti sono di Andrea Chiesi (Modena 1966).
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