"Mi accorsi che mio figlio aveva lasciato un disegno: un paesaggio lunare. Era così dettagliato che dovetti osservarlo da vicino, affascinato dalla pazienza che c'era voluta per disegnarlo. Da dove veniva quella bruciante, incessante intenzione? Vidi anche una parola, sopra il disegno e la sfiorai con un dito. Non sapevo cosa l'avesse portato lì. Non sapevo cosa l'avesse fatto andare via. Stava tornando nel luogo dove si ritira ogni ragazzo costretto al coraggio e alla prontezza: una nuova vita. Ovunque fosse diretto, non aveva paura".
Queste parole sono tratte dalle ultime pagine di LUNAR PARK di BRET EASTON ELLIS e le leggo al termine della felice lettura di questo libro. Uno dei più belli in cui mi sia imbattuto negli ultimi tempi elo dico da non-ellisiano (pur avendolo letto quasi tutto). Sono righe pregne di una leggerezza senza tempo e senza luogo. Come se rappresentassero una piccola fuga verso il nulla. Un'uscita felice dai travagli. Verso un luogo altro. Forse appunto lunare. Forse appunto uno di quei posti dove vorremmo trovarci quando le cose per noi qui sono dure e dolorose senza remissione.
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