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Nessuno è utile e tutti siamo indispensabili
Di Carvelli (del 05/10/2006 @ 09:12:24, in diario, linkato 946 volte)
Ieri sono andato a vedere il nuovo film di Shyamalan Lady in the water che è preceduto in Italia dalle roventi critiche della prima americana. Rotture. Litigi. Rimproveri. Qui per chi non lo conoscesse un'intervista. Dicevo: in America Shyamalan è odiato. Non voglio capire perché o meglio capisco perché e lo dico. Tutto d'un fiato. Perché è un regista scomodo, non edificante, controverso, spiazzante. Fa il genere (i generi) ma mai ricalcandoli. Non gli si può rimproverare di non essere un regista di suspance e quindi anche di escape ma cionondimeno riesce a mettere nei suoi film molto di più del genere e molto di più di una bella sana ora abbondante di distrazione. Persino quando fa il "genere" lo fa a modo suo, per dire cose che gli interessano. Il mio amico D. ci vede dentro (e se posso lo assecondo) una serrata critica all'America che spara e bombarda. Io ci vedo dentro una radicale critica al pensiero unico (non a quello economico che dell'altro è solo lo specchio), quello ideal-religioso che porta attraverso una serie di enunciati a credere in un potere salvifico del bene o del male messo in opera dall'uomo nella direzione di un disegno presunto salvifico. Nella visione che penso io l'uomo c'entra molto ma anche molto meno. Non è una semplice pedina nelle mani del destino (o lo è in una chiave illusa che non coglie il disegno più alto). Il male - sembra dire il regista - c'è per una combinazione bifronte ed escatologica del bene. La necessarietà del male di cui parla non è quella dell'espiazione ma del destino. Ritrovo concetti tipici della tradizione orientale (l'epifania di un budda è forse  una pista?) di Grande e Piccolo Bene, Grande e Piccolo Male. Agli occhi illusi di un non-illuminato un Grande Male non potrà mai essere il Piccolo Male a cui succederà un Grande Bene. Serve un altro tipo di sguardo. Il mio amico D. ha visto fumare le torri gemelle. Di certo c'è nel film l'idea che l'apparente disordine procede verso la realizzazione di un grande ordine: "un grande cambiamento" si dice. I personaggi del film di Shyamalan non sono eroi né (ancora D.) antieroi. Sono persone comuni. Da cui il titolo che ho poi pensato. E' come se nessuno fosse utile (sono tutti uomini, persino gli alieni lo sono, senza qualità, anzi difettati, spaventati, limitati, o meglio mostrano anche i lati ombrosi della loro plurima personalità) ma tutti possano essere indispensabili. Ed è proprio così che penso di vedere le cose. Non siamo speciali. Siamo uomini e donne fatti maledettamente male, colmi di difetti eppure insieme a questo siamo creature soprannaturali. Ognuno di noi ha un potere nascosto. Di cui non solo gli altri ma anche noi stessi siamo all'oscuro. E lo rimaniamo finché non si compie e anche un secondo dopo. Che film ho visto? Una fiaba? Rimodernata? Ma anche una commedia? Ma non priva di brividi no? Un po' kitsch, con mostri buffi? A chi dovrebbe piacere il regista indo-americano (la sua presenza scenica è la cosa che mi sembra meno significativa del film)? Ai critici e agli intellettuali (a parte il dichiarato odio messo in scena nella figura del critico vanaglorioso che viene presentato in questa doppia luce di un superstipendiato che va comunque a vivere in un pensionato un po' grigio anche se fascinoso)? Agli amanti dei generi? Shyamalan si è fatto tanti nemici o si è privato di tanti fan ma la privazione lo alleggerisce e va avanti portando avanti con fortuna un suo cinema. Un cinema d'autore che può intercettare amanti del genere e critici ma sul piano dell'invenzione e della novità. Non della replica. Shyamalan non è un replicante di successi altrui e non è nemmeno il postmoderno echeggiatore di una robusta conoscenza della cinematografia mondiale. Vorrei scrivere di più ma il tempo morde.