La neve (ancora su Rigoni Stern)
Di Carvelli (del 03/04/2007 @ 09:21:07, in diario, linkato 1118 volte)
“Sono nato alle soglie dell’inverno, in montagna, e la neve ha accompagnato la mia vita. All’asilo infantile le suore ci avevano insegnato una canzoncina che diceva di un bambino che dormiva in una culla e di una vecchia che cantava, il mento sulla mano: ‘Nel bel giardino il bimbo s’addormenta./ La neve fiocca lenta, lenta, lenta’. Scopersi molto tempo dopo che era un sonetto del Pascoli”.
Iniziano così le belle prime righe di Stagioni di Mario Rigoni Stern. E continuano con un ritmo che per pigrizia devo interrompere. In ogni caso mi sembra un buon trailer questo. Se non altro per andare in libreria e continuare la lettura da soli fino a un po’ più avanti.
“Cadeva la neve sulle montagne della guerra dove ci portava il destino”.
E ancora dopo. La guerra e avanti. Fino a che...
“Dopo dieci anni Elio Vittorini mi scoperse Sergente nella neve e ancora tale sono rimasto per tanti. (...) In questi giorni è nevicato molto e sul mio tetto, sopra quella di dicembre, c’è più di un metro di neve fresca. Sono isolato dal paese. Da un libro traggo un foglio dove Andrea Zanzotto mi ha trascritto a mano una sua poesia: ‘Gelo: Stagione del candore -/ per le più variate nevi/ mille stelle sorelle/ verso me prendono il cammino’”.
Segue una meditazione sul tempo di Rigoni Stern. Il caldo africano e il freddo polare ascoltati per radio o in tv. Clamore. Terrore. E invece...
“Insomma, basta con queste lagne! E’ perché viviamo in case surriscaldate, perché facciamo poco movimento; perché le donne vanno vestite leggere per far vedere le forme e la pelliccia la indossano in mezza stagione per farsi notare, perché i giovani vestono i jeans e non mettono le mutande di lana e bevono bevande fredde invece di tè caldo”.
Naturalmente ho dovuto saltare parti meravigliose come quelle dell’invito all’annotazione mnemonica del tempo meteorologico nella nostra vita dei ricordi, delle cose... Naturalmente ho interrotto un ritmo meraviglioso che sembra procedere da sé (dall’autore) verso te (il lettore) come un’invasione di significati precisi e vivi che poi non sembra ma continui a pensarci per un po’ come accade alle cose che entrano di soppiatto ma prendono posto comodo dentro di noi.
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