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La macchina degli abbracci/Gli scarafaggi (una recensione)
Di Carvelli (del 24/08/2007 @ 14:17:04, in diario, linkato 1914 volte)

Questa recensione è uscita qualche giorno fa su l'Adige

 

Abbracciare gli animali

di Roberto Carvelli

Forse perché il titolo è particolarmente azzeccato ed è un merito da ascrivere agli editor della Adelphi che mandano in libreria con il titolo La macchina degli abbracci. Parlare con gli animali (Adelphi, € 30) il volume (scritto con Catherine Johnson) della professoressa americana Temple Grandin, zoologa autistica, ma la curiosità scatta e senza rimpianti. Spariti dal titolo i riferimenti alla malattia che affligge l’autrice (in realtà senza per questo forzare la natura del volume), La macchina degli abbracci è a tutti gli effetti un libro pieno di curiosità che aiuteranno a sciogliere i dilemmi sempre più frequenti dell’etologia e la psicologia animale. La fanno da padroni gli animali da allevamento ma è chiaro che il libro renderebbe felici i tanti comuni possessori di cani e gatti. Con uno sguardo particolare alle razze e alla genetica che le ha rese più o meno violente (questo rende le storie di cronaca particolarmente attuali, quelle per intenderci su pitbull e rotteweiller). La Grandin ha esperienze e storie da raccontare ed una casistica smisurata di consulenze per allevamenti: il suo lavoro pratico al fianco di quello nell’università del Colorado. Ad esse unisce le storie delle amiche e la sua particolare. Fatta di un’attenzione precoce agli animali della casa e del ranch. In pratica, la Grandin, scopre in età adolescente di avere il dono della comprensione e dell’empatia verso le creature animali che la circondano. Si inizia con la macchina del titolo e l’effetto calmante da contenimento che determina lo stringere in maniera dolce uomini e bestie che siano. Una frase ci mette subito sulle piste: “Gli esseri umani e gli animali devono stare insieme. Siamo evoluti fianco a fianco per molto tempo, e fra noi, umani e animali, si era stabilito un sodalizio”. Ed è un sodalizio che si è rotto a meno di avere in casa i domestici tradizionali forzando questo isolamento spaziale e anche psicologico. Da qui tutta una serie di riflessioni a cascata propizie non per chi le bestie le ama ma anche per chi le osserva e con l’osservazione capisce cose su di sé. Particolarmente interessanti sono i capitoli sulle paure, sul dolore e sulle sofferenze. Il merito di tutta questa forza empatica della studiosa americana – è presto detto – risiede nella particolare concezione del mondo di chi soffre di autismo: un vantaggio prospettico scoperto e tesaurizzato. Intanto la peculiarità di conoscere il mondo per dettagli (così simile al modo degli animali: “noi autistici riusciamo a  pensare come gli animali” sottolinea la Grandin) che fa riferimento ad una sensibilità speciale e alla simile conformazione cerebrale e che spiega cose che altrimenti rimarrebbero precluse alla scienza. Insomma siamo alle prese con un libro prezioso e Oliver Sacks garantiva e garantisce definendola “l’antropologa su Marte”. Un libro che rasserena e semplifica, risolve e sposta lavorando in un terreno non accidentato dalla scienza né dalla psicologia pur preziose. Il sottotitolo potrebbe essere: osservare per capire e non sarebbe, per una volta, didascalico né pretenzioso.

Per continuare a parlare di animali e di autori con tendenze zoantropiche e per fare gli auguri ad una piccola ma pregevole casa editrice romana, le nubi edizioni (www.lenubi.it), recensiamo il racconto Gli scarafaggi (€ 8) dello scrittore portoghese José Cardoso Pires (1925-1998) che ribalta il mito metamorfico dello scarafaggio (in realtà trattasi di blatta) di Kafka (giocando con l’assonanza del nome del protagonista) trasformandolo in un cupio dissolvi da invasione dove studio e somiglianze di etos si trasformano in un suicidio. Ecco forse il libro è proprio la storia di un’ossessione mortale che termina alla Fulci o alla Romero con annessi scricchiolii dei gusci. Un altro modo per farsi amare, alla follia, dagli animali.