Cose che uno dice, cose che uno non dice
Cose che uno dice, cose che uno non dice. L'odore del sapone, a buon mercato (l'odore e il sapone). Le mani unte. "E poi basta" e invece no. Ciambelline fritte e the speziato. "E' libero quel posto?" ma è in russo. "E' morto!" e io "Ma quando?". E lei "A dicembre, per un'influenza". E io... Torna, mi raccomando torna. Non dormire: per le zanzare, per il caldo, per il freddo, per la tensione, per l'intenzione (di non dormeire). Ti stimo. Ti amo. Ti odio. Non vali. Tutto in successione. "Domani, domani", finché posso rimando. "Stai bene!" E io "sì" ma non era una domanda. salmone (tanto). Aringhe (assai). Birra. Pago in rubli questa felicità senza voci. Non parlo: nessuno mi parla. Parlo: tutti mi parlano. Ci capiamo a gesti. Poi: un'interprete. Poi 50mila caratteri in un giorno. Come se fosse uan febbre: la febbere delle parole, la febbre della tastiera. Mai più guide (tradotte dal francese e con quel tono forzatamente simpatico, illusoriamente simpatico). la distanza tra me e le cose (le cose che sento, le cose che altri dicono, le cose così come le vedo). E il cielo che mi porto dietro. E il disprezzo che ci faccio tramontare. Da adesso in poi tutto è cambiato. Da adesso in poi tutto cambia ("usi tempi sbagliati"). Ti telefono quando posso. Ri telefono ma senza telefono. Canali, ponti, canali, fiumi, ponti, barche, acqua. Il resto te lo racconto a voce o un'altra volta. Ok?
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