Ormai è tardi per chiedere venia per l'autoreferenzialità. Il danno è fatto. Il dado è tratto. Il dato è dato. Dududu dadada. Insomma: parlerò di me stamane. Tanto per cambiare. E per dirla alla Gambino...sai quella gente che dice io sono... Beh io sono fatto che regolo ogni fenomeno, intendo quelli personali. Sta tutto dentro con un bel capanno di osservazione. Insomma sono lì che generalmente so cosa faccio e cosa non faccio. Che peso, direte voi. Più o meno dirò io. Perché in una vena di sana e non considerata follia poi faccio delle cappellate che non ti aspetti. Veramente. Alle volte manco io me le aspetto. Una agenda fittissima di impegni e io che all'improvviso stacco tutti i telefoni o mi infilo in una casa o in un cinema o in un negozio. Ecco...lì godo. E' come se prendessi per il c. la mia consueta sobrietà, il mio ordine. Forse è lì che ho salvato già tante volte la mia vita ed è lì che continuerò a farlo. Ieri la mia infrazione si è chiamata PAOLO. Spiego bene... Paolo è un mio amico di antica data. Ha un negozio. Figli. Moglie. Insomma sta davvero da un'altra parte ripsetto a me ancora pervicacemente solo. Insomma mi infilo nel suo negozio (stavo da quelle parti) e mi vola il tempo in storie che mi racconta, rievocazioni, punti sulla vita. Totti (che cojone...lo dicono un sacco di romanisti e me ne compiaccio!), l'amore, le donne indecise, quelle decise, quelle che ti fanno perdere tempo, quelle che non sanno che vogliono... la famiglia... Insomma...Aldo Giovanni e Giacomo in salsa romana. Alal fine ero un altro. Quello che si dice con bella parola RICREATO. Ah quello sopra è un quadro di Hopper. Si chiama Eleven a.m. Ovviamente l'ho messo perché mi piace. Ovviamnte per il senso di attesa e per un orizzonte doppio. Il mio che la guardo (l'occhio di chi l'ha vista) e il suo che guarda dove guarderei anch'io se fossi in stanza con lei e non potrei è chiaro guardare solo lei nella sua monumentale architettura di carne e pacatezza.
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