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Su l'Adige (ma non so quando) Kureishi
Di Carvelli (del 07/11/2008 @ 16:24:53, in diario, linkato 769 volte)

Avere da dire

di Roberto Carvelli

 

A completamento di lettura delle 457 pagine di cui si compone, dei 19,50 € necessari per l’acquisto del nuovo libro di Hanif Kureishi (Ho qualcosa da dirti, Bompiani) rimane l’impressione di un viaggio utile per non dire necessario. Un viaggio istruttivo e di gradevole compagnia. Il titolo non suona pretenzioso, tutt’altro: avvalora l’intenzione di scrittura, la necessità e la capacità affabulative e una confidenza non strumentale.  Il protagonista è uno psicanalista di successo autore di libri felici (Sei personaggi in cerca di cura è un suo esemplare titolo) che condivide la massima “Il nostro compito è di guarire anche chi sta bene”, i suoi amici, il passato che torna a ravvivarlo e tormentarlo, l’Inghilterra guerresca e dedita al facile profitto nel nome del laburismo. L’autore anglo-pakistano ci ha abituato negli ultimi libri – ma si potrebbe dire dagli esordi – alla varietà dell’ispirazione con scarti spesso apparentemente spiazzanti (penso a Il corpo). Kureishi scrive come un classico e pensa come un contemporaneo. S’intuisce che le mosse le prende sempre da temi vivi e da una mai banale anche se schietta considerazione degli stessi. In questo libro gli ingredienti sono le relazioni umane nelle loro multiformi varietà. Figli che somigliano con dispetto ai loro genitori che si disprezzano e si conoscono per mezzo loro, amori interrotti e ripresi e rinterrotti, amicizie da registrare di continuo, parentele che mettono a dura prova affettiva (il padre assente del protagonista e la sorella piena di stridenti sfaccettature): il libro di Kureishi è popolato di lati umani comuni ma non per questo fa il gioco facile delle strizzatine d’occhio al lettore. Persino il sesso (anche sotto la specie dell’incesto) che campeggia spesso nelle pagine, non sta lì per prurito ma per realistica osservazione e meditazione causale ed effettuale delle complessità umane.

In ultimo, il libro dello scrittore londinese si può considerare un proficuo viatico all’analisi dei nostri tempi complessi e difficili (ma stimolanti per vivacità) scritto con la giusta presenza e una leggerezza nel fondo che potremmo definire karmica, cioè comprensiva della continua e sempre possibile trasformazione nella lotta eterna tra Bene e Male (nelle pagine c’è sempre l’idea che nulla è definitivamente perduto e non per stolta speranza). La citazione nel testo dal Purgatorio dantesco non è presuntuosa né casuale – pensiamo – bensì orientativa. Dei tanti viaggi possibili quello di Kureishi per congruità può in senso lato qualificarsi come un confronto – nelle motivazioni – non equivoco nella zona di mezzo della nostra bipolare (e per questo a volte percepita come tormentosa) esistenza.