Finito di leggere L'amore nuovo di Philippe Forest. Una lettura che mi arriva e non entro nei termini delle classificazioni letterarie. Dico solo che è un libro giusto per questo tempo. La non-fiction, la problematicità amorosa. Tre pagine in modo significativo mi segnano: p.81/3. Ma è tutta la vicenda che ha un suo significativo dipanarsi di fatti e sentimenti. Paralleli. Importanti. Cito due passi che ho riletto più volte.
"Lo sapevo bene. Qualcosa non andava. Da sempre. Qualcosa che veniva dal fondo della mia vita e che avrei voluto poter dimenticare del tutto. Una crepa, una fessura da cui minacciava di scivolare via ogni cosa. neanche la felicità nuova di un nuovo amore bastava a colmare il vuoto in cui la mia vita versava. Il male doveva essere troppo profondo e troppo antico. (...) Non ero libero di amare come sarebbe stato necessario per essere felice. Qualcuno aveva deciso al mio posto. Chi? Io stesso? Nessuno, forse. E io mi trovavo inerme. In un certo senso impotente. Sì, è questa la parola giusta: impotente, perché anche se riuscivo a compiere tutti i gesti dell'amore, ogni volta non facevo altro che simulare l'appagamento spensierato cui non riuscivo mai ad arrivare".
"E allora, non c'è più niente da fare. Perché, ironia della sorte, quello che si desidera dal profondo del cuore si finisce sempre per ottenerlo. Tutti forse volevamo la tristezza di una vita separata dal nostro amore più vero, la lunga, triste tortura di esserci lasciati sfuggire la verità che un giorno avevamo avuto a portata di mano. E se ora chiedevamo al mondo quella disperazione, potevamo stare sicuri che, senza esitare, ce l'avrebbe data".
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