Inizio con la pubblicazione odierna un testo a puntate dal titolo completo Vi espongo i fatti. Lo aggiornerò a cadenze irregolari.
Amami una manciatina
Quello che so di Giuseppe e Anna e che qui riferisco lo so in massima parte per esperienza diretta. In parte per l’inevitabile intermediazione di una comune amica.
In definitiva, penso, il fatto dell’amore è un fatto non di soli ingredienti ma di quantità. Non scrivo “posologia” perché non vorrei che voi pensaste che lo dico per cercare facili parentele con la medicina e sottintendendo insanità o problematiche. Forse non lo scrivo perché lo penso. Ovvero lo rimuovo. Forse no. Forse è solo che mi piacciono metafore culinarie. Una scelta di campo un po’ leggera, un modo di partire senza imbarazzi, giudizi perentori.
Se Anna avesse dovuto quantificare il suo bisogno d’amore avrebbe detto “amami una manciatina”. Nelle ricette è scritto Q.B. Quanto Basta. Eppure Anna, decisamente dotata di e portata a un parlare meno specialista, avrebbe preferito l’eloquio di qualche vecchia nonna o di un manuale di cucina più esperienziale, senza tecnicismi. Amami una manciatina. Ecco cosa chiederebbe Anna a chi dovesse mai avvicinarla con intenzioni affettuose. Ma non è cosa che dice, né che confessa a nessuno. Né che scriverebbe nella pagina di un suo diario. (Ha un diario Anna?)
Amami una manciatina. Anna vorrebbe che l’amore la raggiungesse a velo, come lo zucchero. Un gesto della mano che sparge un po’ di pan grattato e fa la crosta in superficie. Deve trattarsi più che di un bisogno contenuto di una cautela. Quando e finché Anna pensa all’amore in una forma così leggera si sente sicura, sente di non dover temere nulla. Insomma, solo così Anna è tranquilla e può pensare ora – almeno per ora – all’amore in una forma non dolorosa.
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