Parlare di guerra in tempo di pace
Ecco, una domenica di porta portese, orto botanico, librerie, frascati (Roma vista dall'alto è grigia e nebulosa come se fosse lo specchio di un cileo nuvoloso). Segue un venerdì-sabato di sedici ore di sonno (sabato notte eclusa). E' come se tutto funziona solo se tutto ha smesso di funzionare. Per esempio come i cellulari (li continuiamo a chiamare "telefonini" perché quando sono nati erano più piccoli di un telefono normale) che prima si devono scaricare del tutto e solo dopo possono essere ricaricati. Ecco, domenica. Orizzonti di gloria è un bel film di Kubrick. Bello perfino per me che non amo i film di guerra. Bello perché è un film contro la guerra. Mi è ritornato in mente leggendo una frase da Hillman, James Hillman. Lui cita il generale Patton. Ecco ho trovato
"C'è una battuta in una scena del film Patton, generale d'acciaio, che da sola riassume ciò che questo libro si propone di capire. Il generale Patton ispeziona il campo dopo una battaglia. Terra sconvolta, carri armati distrutti dal fuoco, cadaveri. Il generale solleva tra le braccia un ufficiale morente, lo bacia, e, volgendo lo sguardo su quella devastazione, esclama: "Come amo tutto questo. Che Dio mi aiuti. Lo amo più della mia vita". Se non entriamo in questo amore per la guerra, non riusciremo mai a prevenirla né a parlare in modo sensato di pace e disarmo".
A psicologi e filosofi è permesso tutto. Pure noi dovremmo permetterci qualcosa in più. O in meno. E invece? Noi ci allineiamo, difendiamo a tutti i costi e per preconcetto l'idea della pace. Ma che facciamo in realtà? Difendiamo solo uno status quo delineato da altre guerre a cui noi abbiamo dato, senza saperlo, il nostro appoggio/assenso. E ora appoggiamo una guerra che c'è già stata magari solo per la codardia di non combatterne un'altra. Questa contrapposizione di forze (e guerre) è evidente nel film di Kubrick. E nel mio film di oggi.
|