Un viaggio, una guida, un intreccio di sguardi che trafficano la città Eterna, con le sue rovine e con i suoi quartieri nuovi, gli ospedali e le stazioni, le voci e i ricordi... È una Roma diversa quella che affiora dalle pagine dell’ultimo libro di Roberto Carvelli, un giovane scrittore romano autore, tra l’altro, di un curioso libro edito dalla casa editrice Voland, Letti (116 pagine, 2004), che racconta la storia di una vita attraverso i letti. Ma i primi giorni di settembre ci sarà un altro volume di Carvelli in libreria, una non-guida che affida il disegno della nuova geografia romana agli scrittori. In Perdersi a Roma (Edizioni Interculturali, pagine 250, euro 12) a dipingere un affresco un po’ espressionista della capitale sono Marco Lodoli, Erri De Luca, Roberto Cotroneo, Sandro Veronesi, Carola Susani, Vincenzo Cerami, Christian Raimo, Claudio Damiani, Mario Desiati, Sandra Petrignani, Antonella Anedda, Valerio Magrelli, Luca Canali, Sandro Onofri e Attilio Bertolucci. È una raccolta di interviste in cui gli autori parlano dei quartieri dove sono nati, di quelli in cui si sono trasferiti, delle zone di Roma che amano di più e di quelle che amano di meno. È un perdersi continuo tra i loro ricordi. «L’idea era: le città dicono le persone e le persone parlano per interposta città - scrive Carvelli -. È un’idea ambiziosa: da una parte ovvia, dall’altra indimostrabile. Un teorema capzioso e complesso, perché ho creduto di poterlo applicare per esteso ad una città, Roma, quartiere per quartiere». E così c’è la zona sud-ovest della città, Monteverde, dove Attilio Bertolucci ha sempre vissuto e dove Antonella Anedda scrive le su poesie, c’è il sud di Roma che ha ispirato tante pagine di Vincenzo Cerami, cresciuto proprio nella zona sud-est della città, il ghetto e altre Rome di Valerio Magrelli, il Nord e Sud, l’Est e l’Ovest di Marco Lodoli che ama osservare tutto girando in vespa, i pieni e i vuoti delle architetture romane di Sandro Veronesi, l’antica Roma di Luca Canali, il Nord di Roberto Cotroneo e di Sandra Petrignani, l’attivismo politico di Erri De Luca tra le borgate romane e gli sguardi dei più giovani come Christian Raimo e Mario Desiati. Visioni diverse, ma tutti tasselli di un enorme mosaico pieno di sfumature. Qualche parola a parte merita Sandro Onofri, scomparso cinque anni fa, e che nella sua intervista parla di Roma come fosse una sorella che non vede mai, che si incontrano solo a Natale: «E in quei giorni sei contento - dice - perché comunque è tua sorella, ci sono tanti ricordi in comune e soprattutto c’è la lingua in comune, c’è la lingua della madre... Il dialetto romanesco è una cosa che mi piace, che ho studiato e di cui ho bisogno. Quando sono agitato ho bisogno di parlare in romanesco. Anche a casa, con papà e mamma, parliamo in dialetto. Questa sorella, aspetto tanto il giorno in cui potrò rivederla, ma poi quando arriva quel giorno, passati i primi momenti in cui ci abbracciamo fortemente, non vedo l’ora di scappare via. Anche perché questa sorella è sposata con uno stronzo che non paga le tasse, che va in giro col mercedes, che fa il dritto. Uno di questi nuovi romani che romani non sono, che mi fa schifo. Per cui dopo un quarto d’ora scappo, e me ne voglio andare in qualche paesetto».
Francesca De Sanctis da L’Unità di Domenica 15 agosto 2004. pag 4