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Uso improprio del verbo "chiarirsi"
Di Carvelli (del 18/04/2011 @ 08:39:39, in diario, linkato 805 volte)
Venerdì pomeriggio. Qualcosa mi suggerisce di incontrare per un the una mia amica. In realtà è una persona che ho visto forse una decina di volte in tutto e con cui ho parlato tre. Ma recentemente lei mi ha detto delle cose, io ho sentito di dovergliene dire altre, lei lo stesso finché siamo arrivati a questo the. Un the (verde) anche buono, un the acquistato da poco sfuso. Al di là del the resta una domanda. Ma quest'impulso a "chiarirsi" si può definire sensato? Ha un perché pensare di riuscire attraverso i propri parlamenti a cambiare il punto di vista di un altro? O solo a farlo rivedere, a influenzarlo? E perché poi? Per affermare una propria (propria) verità? Oggi penso che chiarirsi è un verbo che pecca di ottimismo o manca di reciprocità. Delle due l'una. Non è pessimismo quello che mi spinge né critica altrui. Anzi da ora in poi quando sentirò l'impulso tutto mio a "chiarire" me ne guarderò bene. Almeno con gli altri. In definitiva le cose rimangono sempre come sono. Per ognuno. E forse non ci siamo neanche chiariti noi.