Una poesia di Katerina Anghelaki-Rooke (da e.)
Di Carvelli (del 11/07/2011 @ 10:14:56, in diario, linkato 2161 volte)
Dice Penelope
Non tessevo, non lavoravo a maglia, cominciavo uno scritto, lo cancellavo sotto il peso della parola perché l’espressione perfetta è ostacolata quando dentro sei oppressa dalla pena. E se l’assenza è il tema della mia vita – l’assenza dalla vita – sulla carta viene fuori il pianto e il dolore naturale del corpo che sa la privazione.
Cancello, strappo, soffoco le urla vive: “dove sei, vieni, ti aspetto questa primavera è diversa dalle altre” e al mattino ricomincio con nuovi uccelli e lenzuoli bianchi che si asciugano al sole. Tu non sarai mai qui ad annaffiare i fiori con la canna e i vecchi soffitti che gocciolano impregnati di pioggia e la mia personalità ch’è dissolta nella tua quietamente, autunnalmente... Il tuo cuore eletto – eletto perché io l’ho scelto – sarà sempre altrove e io taglierò con le parole i fili che mi legano a quest’uomo particolare del quale ho nostalgia finché Ulisse diventi simbolo di nostalgia e navighi per i mari nella mente di ognuno. Ogni giorno ti scordo con passione perché ti lavi dai peccati del profumo e della dolcezza e così purificato entri nell’immortalità. È un lavoro duro e ingrato. Unica ricompensa, se alla fine capirò cosa sia la presenza umana, cosa sia l’assenza o come funziona l’io in tanta desolazione, in tanto tempo come nulla fermi il domani il corpo continua a rigenerarsi si alza e si corica sul letto quasi abbattuto a colpi d’ascia a volte infermo a volte innamorato sempre con la speranza che quanto perde in tatto lo guadagni in sostanza.
Katerina Anghelaki-Rooke
Traduzione di Nicola Crocetti
da Poeti greci del Novecento a cura di Nicola Crocetti e Filippomaria Pontani Arnoldo Mondadori Editore 2010
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