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Romanzo di una strage
Di Carvelli (del 05/04/2012 @ 10:24:28, in diario, linkato 791 volte)
Ho visto Romanzo di una strage e… mi aspettavo peggio. Ottima la ricostruzione scenica, buona direzione degli attori e recitazione. Interessante soprattutto la seconda linea (poco e male sfruttata la Chiatti e la brava Cescon e, alla fine, era meglio cercare nomi meno altisonanti per ruoli così marginalizzati): i giornalisti, i generali, gli anarchici e gli infiltrati. Per un ottimo casting. Più problematica la sceneggiatura e il senso di tutta l’operazione. Che serve a ribadire il teorema delle stragi di Stato e farci riflettere, ancora una volta inutilmente, sull’impossibilità di una giustizia giusta in Italia (Paese che, invece, in questo momento discetta di articolo 18 come traguardo del progresso) specie quando in questo meccanismo di svelamento entrano interessi più grandi della Nazione. Sovranazionali, diciamo così. Eppure non so se tutto questo ribadire una verità ormai diventata cunto de li cunti possa essere sostanziale al cunto stesso. Fiabe a parte forse l’uscita cinematografica inganna. Una doppia puntata tv avrebbe abbassato le aspettative. Non entro nella storia del film e nella storia della storia (in internet, dal libro di Cucchiarelli a cui si ispira il film fino a Sofri trovate molto su questo) ma ora io chiedo alla sala buia emozione e intensità che siano quelle prodotte da Diritti, Frammartino o Majewski o quelli di un film carico di tensione e sospeso in un mistero, autorialità o genere che siano. Eppure l’operazione di Giordana non è sgradevole anche se – per i motivi sopra addotti – attira ahimè nella sala un pubblico più televisivo che cinetelevisivo. Tipo la coppia agée che dietro me commenta sequenza per sequenza, ingresso di attore per ingresso di attore tutte le novità in successione. E io che mi giro e li redarguisco senza capire come il cambiamento culturale della tv e della tv on demand ci abbiano resi spettatori di comunità contenute e non più sociali. La divisione per capitoli è suggestiva e non banalizzante ma alla fine sembra di aver sfogliato una rivista, una bella rivista. Dalla quale si alza l’ennesimo giusto grido di indignazione mentre nuova indignazione monta davanti a nuove ingiustizie sociali. Un amarcord già un po’ agée.