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Una specie di treperuno
Di Carvelli (del 18/04/2012 @ 12:34:44, in diario, linkato 854 volte)

 

 

 

Nel poco tempo che mi rimane provo a leggere. Con fatica. Dopo 9 o 10 ore di lavoro, dopo 1 o 2 ore per scrivere cose mie (e ho saltato varie ed eventuali - più eventuali che varie - più saltate che fatte). Dunque leggo (e spero di finire anche perché mi piace come è raccontato) Il caso Vittorio di Francesco Pacifico. Un libro, invero, già un po’ datato (solo nel senso dell’uscita perché attuale anche nella storicizzazione degli anni semi-vicini che racconta). Ci sono autori che conosco senza averli letti. Di cui sento spesso parlare. In qualche caso li incontro, addirittura. Ed è un vero peccato conoscere cosa pensano veramente ma senza contestualizzarlo nel loro mondo. Nei libri degli autori c’è quasi sempre il mondo di quegli autori, un mondo che a volte non coincide o poco con come sono fuori dalle righe. In questo caso, magari, anche superato dai nuovi sviluppi del loro lavoro. Un’evoluzione del loro mondo o dei mondi nei mondi in cui fanno vivere i loro personaggi. Nel caso di Olivier Adam - Passare l’inverno, racconti, sempre minimum fax - il mondo del racconto mi piace ma le chiuse dei tre-quattro che ho letto no. Nessuna. Peccato. I racconti sono belli. Bella la prosa. Bello il mondo in cui ti calano, il senso di sospensione su cui scende decisa l’accetta del basta. E basta quello per cambiarmi la percezione della bellezza. Mentre sono così affaccendato (nelle faccende mie e in quelle di questi due libri presi in biblioteca) mi arriva il nuovo di Carola Susani (Eravamo bambini abbastanza) – e aridanghe sempre minimum fax – e sospendo la lettura degli altri due anche perché di questo ne scriverò. Due pagine e già mi piace. C’è un’atmosfera vonneguttiana e il senso di una catastrofe imminente o appena avvenuta. Lo sento vicino. Vicino a quello che sto scrivendo. Una storia (la mia che scrivo) a cui mi sto appassionando di nuovo dopo averla abbandonata per un po’ di tempo. Un libro di anticipazione totalmente diverso dagli altri che ho scritto finora. Un libro che è fuori e dentro di me. In cui guardo (scrivo vedendo) e racconto. Un mondo in cui uno come me – che non sono io – sta muovendo i suoi passi. In una catastrofe che già c’è stata. Nella speranza di una che ci sarà. Come per cercare un angolo di mondo in cui non lo coglierà. Leggo e scrivo. Strappando tempo al tempo. Quello della lettura (e nella lettura). E della scrittura (nella scrittura e della e nella lettura di quella).