Dall'intervista a Simic su La Lettura di domenica scorsa
Scrivere è una partita a scacchi «I miei avi per secoli sono stati preti serbo-ortodossi e potrebbero scandalizzarsi — premette Simic —, ma per me, ateo, la poesia è una vera e propria religione. Sono un metafisico dei lati oscuri dell’anima, uno che non crede in Dio e prova a comprendere se stesso e l’universo confidando solo sulle intuizioni e l’abilità di pensiero». Doti coltivate praticando il gioco degli scacchi. «Ogni poesia è una nuova partita — dice Simic —. Guardo la pagina nel modo in cui un giocatore guarda la scacchiera. Provo a immaginare le mie possibilità di vincere o perdere. E mi servono giorni, a volte mesi, per vedere cosa ho esattamente sotto il naso. Per capire quale pezzo è nella posizione migliore per far male all’avversario».
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