Questa mattina autobus. Anche ieri sera. È bello lasciare (la moto) come qualsiasi altra cosa all’improvviso e proseguire a piedi (senza quello che prima si aveva). Lo speciale straniamento determinato da questo RINUNCIARE lascia il sapore di un bell’andare. Un andare del comunque vada, con qualsiasi mezzo. Un andare che ci riporta alla centralità del viaggio, all’andare per andare ma anche allo scopo del muoversi. Per andare lì. Senza rimanere incastrati nella fermezza delle decisioni irremovibili, immodificabili. In una parola LIBERTA’. Dunque. Stamane in Autobus. Pioveva a dirotto. Un ragazzo si è vantato di non aver mai posseduto un ombrello. Credo di averlo fatto anch’io quest’atto di orgoglio. Antiombrello. Anche se mi piace la pioggia che ci ticchetta sopra ma forse più in due abbarbicati a quel breve cerchio. Un signore è sceso e ha aperto il suo non prima di averlo brandito come una lancia: reminiscenza di un lontano passato selvaggio? Un signore, giovane, con bambino – non ho capito la nazionalità – ha aperto un fazzoletto distendendolo tra la faccia del bimbo e il vetro dell’autobus. Per igiene. Sembrava un tovagliolo. Era di stoffa rosso natale spessa e l’ha ripiegato come si ripiega alla fine di un pasto il tovagliolo. Una ragazza era uscita da casa (e camminava) come se volesse conquistare il mondo. E ci riusciva.
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