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Matteo Galiazzo o del fermo biologico in letteratura
Di Carvelli (del 29/11/2012 @ 09:20:30, in diario, linkato 910 volte)

Ieri in un vagone della metro alle 23 passate leggevo l'intervista che chiude il libro postumo di un autore vivente ma non scrivente. Lui è Matteo Galiazzo e il libro si intitola "Sinapsi" (edito da Indiana). Chi è Galiazzo? Un autore che per noi che abbiamo scritto e letto negli anni '90 ha rappresentato una ipotesi di sviluppi ulteriori e interessanti rispetto a quello che avevano letto o leggevamo. Veniva da una piccola rivista e dall'attenzione di un altro autore interessante tanto come agitatore letterario (ma non agitava o non voleva farlo pretestuosamente) che come scrittore di racconti come Marco Drago e il suo Maltese. Lo scambio tra Matteo B. Bianchi e Galiazzo dal titolo "Un pensionato che guarda i cantieri" ha un suo vento. Galiazzo racconta il suo fermo biologico di non precisata durata. Il punto non è la carenza di pesci e in minima parte riguarda il mare in tempesta. Galiazzo non scrive forzatamente o naturalmente? Forse è questa la prima domanda. Ma di domande ce ne sono molte. Quelle che fa MBB e altre che forse avrebbe voluto fargli o gli farebbe ancora se potesse. Quelle che gli faremmo noi altri se potessimo (cosa legge? come è cambiato il rapporto coi libri? cosa il digitale ha migliorato o migliorerà o peggiorerà?). Forse, al di là delle risposte dello scrittore genovese (la scelta della programmazione come forma certa di contro all'incerta e molteplice via della creazione letteraria, la tendenza dell'ambiente letterario alla non dimensione e al disargine e altro), una risposta si fa largo in noi: Galiazzo non scrive per dimostrare a se e agli altri che si può scrivere (anche con il successo che decreta la pubblicazione per un grande editore come Einaudi) e poi non scrivere più. Come se si trattasse di una sintomatologia diversa più che di una guarigione. Non scrive come se si potesse ragionare sul tempo (uno scrive perché ha scritto oltre che il contrario) e dire che uno rimane scrittore anche se non pubblica e persino se non scrive (la qual cosa giustifica molti esordi tardivi e molte riscoperte). Non scrive perché ha già scritto. Non scrive per dimostrare a se e a noi che scrivere non è un mestiere (almeno quanto vivere) e cosa meglio di un prepensionamento in piena salute? Non scrive e questo resta. Come un punto prima che un punto di domanda.