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Non si sa chi ha vinto ma chi ha perso per cosa ha perso sė
Di Carvelli (del 28/02/2013 @ 09:26:47, in diario, linkato 783 volte)
"Non si sa chi ha vinto ma chi ha perso per cosa ha perso sì eppure si continua a cercare i vincitori e i perdenti". Questo dovrebbe essere il titolo un po' lungo del post di oggi. Nel balletto di proposte e solleciti o solletichi si dimentica che il tema di questo post voto non è il leader che ha vinto né chi ha perso. (E di conseguenza a chi tocchi fare il premier o quale debba essere l'asse del nuovo potere: tutto sommato un  modo di pensare anacronistico e illuso visto il momento).  Ma quali le istanze principali (visto che molti di quelli che hanno votato non conoscono né si sono premurati di leggere i programmi dettagliati di quelli che hanno votato) che hanno sollecitato il voto. Chi ha dato il suo consenso - quello che ha spostato, diciamo così, l'orizzonte delle probabilità (anche sondaggistiche) delle elezioni - lo ha dato fondamentalmente contro due sistemi che non ha condiviso. L'austerità comandata dai dettati europei e/o la corruzione politica, gli sprechi sociali, i sovrapprezzi sistemici, le differenze, il tema delle caste (ormai non più un discorso di nicchia ma ampiamente sviscerato da pensatori non laterali). Indipendentemente dalla condivisione dei leader che li hanno propugnati e dei modi in cui lo hanno fatto. Sull'austerità forse poco possiamo pensano molti (ma non si interrogano abbastanza sulla gradualità e lo specifico delle possibili richieste di risparmio; altri la condividono ma nimby). Insomma: i temi della politica, di questa bella e nuova stagione (per la quale io mi sento di spostare il mio consueto pessimismo o la prudenza verso il più) che si apre con un voto apparentemente confuso, contraddittorio e che spaventa molti dovrebbero essere quelli di alcune risposte non più eludibili. Per la coesione sociale non si può pensare di avanzare una legislatura fondata su richieste di contrazione senza prima rispondere a dei temi pressanti. Come voteremo la prossima volta? Come eserciteremo la giustizia nei prossimi anni? Si può pensare di essere ancora assoggettati a crisi sistemiche senza prima aver creato una combinazione sana e virtuosa di interesse al bene pubblico e impegno politico pagato? Quale può essere il modo migliore per declinare le forme della rappresentanza senza finire per creare la rappresentanza migliore delle forme? Nessuno ad oggi sa se questo possa coincidere con l'azzeramento di qualcosa di preciso (i partiti? il loro modo di funzionare e finanziarsi?). Ma certo tutti capiscono che quello che negli anni si è cristallizzato (cristallizzando anche sprechi e interessi) non può più essere tenuto in piedi. La strada per sciogliere queste forme di indurimento di quello che dovrebbe essere in movimento e per la gente non la sa nessuno. Né è detto che debba essere esplosiva. Ma deve essere. E da qui si deve partire.