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Un giorno devi andare
Di Carvelli (del 03/04/2013 @ 08:34:31, in diario, linkato 705 volte)

 

 

 

Il nuovo film di Giorgio Diritti ("Un giorno devi andare") - regista per cui ho qui speso molto entusiasmo - mi ha un po' deluso.

L'aspettativa era alta. L'obiettivo era notevole. La storia si dipana tra Italia (poca) e Brasile (molto). C'è l'Amazzonia (bella specie in traghetto). Ci sono due mondi che non si sfiorano e confliggono a distanza. L'idea era molto interiore - quella di raccontare cosa succede nel cuore di una giovane ragazza (una Jasmine Trinca poco convincente e troppo convinta) che cerca un senso al suo tormento esistenziale (aborto e separazione). Sparire da se stesssa è la soluzione. Lo fa rifiutando il primo passaggio verso la sua verità. Nella verità di un'altra - una suora amica della madre che fa da tratto d'unione con il mondo italiano conventuale e separato quanto quello del mondo selvaggio che attraversano come cacciatrici da safari d'anime (il tema dell'evangelizzazione è veritiero ma forzoso). Il mondo delle certezze della religiosa non la convince. E non convince neppure noi. Che pure sì sappiamo di uan religione aggressiva e forzata ma qui davvero messa in scena con didascalia troppo marchiana per risultare più che credibile efficace al senso leggero della ricerca interiore che il regista vorrebbe imprimere alla vicenda. Poi il film diventa una favela (e il racconto urbanistico lo è bello) e un robisoncrusoe che convince sempre meno. Peccato. Non ritiro la mia idea di un regista, Diritti, vera scoperta di questo giro di anni. Però mi dispiaccio di questa ambizione svilita in una inconcludenza che poteva limitare se non abbattere. Anche a giochi fatti.