Trascurare e perdere talenti (chatting with Matisse)
Nel numero della settimana passata di La Lettura del Corriere della Sera c’era una interessante recensione da Chatting with Henry Matisse, conversazioni con Pierre Courthion (Paul Getty-Tate Modern Edition). C’era anche un estratto dal chatting. Un brano proprio del detto Matisse. Ne trascrivo parte così come l’ho letta, sperando vi possa fare buon sangue. “Per un pittore esordiente, la vita è difficile. Se è impegnato, si troverà totalmente assorbito dall’oggetto della sua ricerca e non sarà disposto a fare quadri che solleticano il gusto dei collezionisti. Se invece punta al successo, lavora con un’unica idea in mente: dipingere ciò che chiede il mercato e vendere. Però, così facendo, perde il sostegno della sua coscienza e finisce con il dipendere da quello che pensano e sentono gli altri. Trascura i suoi talenti e prima o poi è condannato a perderli.
Per noi il problema era semplice: non c’erano compratori. Lavoravamo per noi stessi. Facevamo un mestiere che non ci offriva speranza. E così sapevamo divertirci con molto poco. Forse anche i naufraghi su un’isola deserta trovano la situazione divertente, tutti i loro problemi sono cancellati. Non resta che ridere, raccontarsi barzellette e intrattenersi. I pittori? Come potevano pensare di vendere qualcosa? C’era un’unica possibilità, il Prix de Rome. I pittori erano anime smarrite. Oggi troviamo collezionisti pronti ad acquistare anche esordienti. Ma in quei giorni, su Quai Saint-Michel, dopo un decennio di fatiche, non sono riuscito a vendere nulla per tre anni. Eppure avevo già conosciuto qualche successo”.
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