A partire da una presentazione di John Berger
Di Carvelli (del 04/12/2014 @ 09:56:30, in diario, linkato 1005 volte)
Ho rimesso ordine ieri a degli appunti che avevo preso a un recente incontro pubblico con John Berger in occasione della presentazione del suo ultimo libro tradotto in italiano. "Capire una fotografia" (Contrasto).
L'incontro è iniziando da "Questione di sguardi", un testo in cui si respira il clima della fine degli anni Sessanta e della riflessione sulla condizione femminile. Parla così della presenza della donna e dell'uomo nella società di allora e in linea generale. Di esternalità e internalità. Ovvero della ricerca del potere come oggettivizzazione. La donna - spiega Berger - deve osservarsi. Ha in se, per così dire, un sorvegliato e un sorvegliante. È esistente in sé o perché riconosciuta dall'altro?
Berger ha spiegato poi così il suo modo di lavorare: invento molto poco e ascolto le persone. La prima cosa è per me l'ascolto.
Ogni racconto ha bisogno di una nuova forma espressiva se no si perde nel passato, nel vecchio.
Vagabondo: questo è il mio modo di lavorare. La felicità è un istante mentre l'infelicita è un romanzo.
Il compromesso non serve, bisogna essere intransigenti. Quando due persone non trovano un punto di incontro è davvero ottimo: vuol dire che c'è una terza possibilità e che per trovarla dovranno usare la creatività.
La differenza tra disegno e fotografia è un enorme tema. La grande evidenza è che la fotografia ferma il tempo. Quindi si guarda un tempo sospeso. Dipingere non ferma il tempo. Il tempo sospeso appartiene al passato. Il disegno non ferma il tempo e non appena c'è qualcuno che lo guarda gli presenta un presente. Sono un modo per dire come è ora. La fotografia è come una morte. La pittura, di converso, ci ricorda di come i morti accompagnano i vivi.
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