Quando scrivo (a Claudio Damiani)
Di Carvelli (del 21/01/2004 @ 08:04:38, in diario, linkato 1047 volte)
Quando scrivo è mattina, magari c’è da stirare una camicia o come oggi gira la lavatrice. O come sempre mi faccio la colazione e c’è la radio accesa, la musica i radiogiornali. O come spesso mi faccio barba e capelli con la macchinetta, poi ancora un the e intanto batto i tasti e c’è un grande vuoto, silenzio. Fa luce a due tre mosse ed è giorno come uno scacco matto che poi capisco che è finita e devo partire per il lavoro. E il silenzio è sempre (per fortuna): non squilla il cellulare né arrivano messaggi, né suona il telefono, non citofona nessuno. E io scrivo. E’ una scrittura domestica questa, quotidiana. Non è quella del finesettimana, né quella del ritorno da lavoro. Ora però vi leggo una poesia che mi piace ed è di Claudio Damiani, un poeta che ho scoperto per caso e che ho voluto conoscere, anni fa cercandolo su un elenco telefonico come si cerca un negozio. La poesia è ne “La miniera” (Fazi) e fa così (che preludio da canzonettista estemporaneo) e grosso modo fa così:
“Che bello che questo tempo/ è come tutti i tempi,/ che io scrivo poesie/ come sempre sono state scritte,/ che questa gatta davanti a me si sta lavando/ e scorre il suo tempo,/ nonostante sia sola, quasi sempre sola nella casa,/ pure fa tutte le cose e non dimentica niente/ - ora si è sdraiata ad esempio e si guarda intorno -/ e scorre il suo tempo./ Che bello che questo tempo, come ogni tempo, finirà,/ che bello che non siamo eterni,/ che non siamo diversi/ da nessun altro che è vissuto e morto,/ che è entrato nella morte calmo/ come su un sentiero che prima sembrava difficile, erto/ e poi, invece, era piano.”
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