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Magro Natal...
Di Carvelli (del 23/12/2004 @ 11:17:05, in diario, linkato 986 volte)
Il babbo obeso[1]

Era

una festa.

É diventata una fiera. Quella di fine dicembre era una

 festa ravvivata da qualche banchetto. Una festa che, d'altronde,

era precedente all'era cristiana. É diventata una fiera commerciale che, dal mese di ottobre, ci ingiunge di spendere senza freno: "Prendetevi dell'anticipo sulle feste".

Era la festa del bimbo povero che nasce sulla paglia, commuovendo, con il suo semplice prodigio, la profonda bontà degli umili della terra. É divenuta una fiera per ragazzi di un Occidente troppo ricco, pieni di una falsa felicità che nasconde loro l'indigenza mortale dei bambini della miseria[2].

Era la straordinaria favola di un Dio che sceglieva volontariamente la povertà per farsi piccolo tra i piccoli. É divenuta la tirannia di un Baal insaziabile che obbliga tutti a ingrassarsi per lui, consumendosi in un'orgia di consumi.

In quell'epoca gli Angeli nelle campagne intonavano un canto melodioso, era per tutti come una luce nella notte, "l'anima di un mondo senza cuore" secondo l'espressione di Marx. Oggi nelle nostre città, i Demoni del consumo stordiscono la gente con ritmi e rotti che coprono i rumori dei motori.

Babbo Natale, scendendo dal  "cielo" sceglieva dal suo sacco l'oggetto a lungo sognato che gli umili genitori offrivano ai loro bambini buoni. Il Babbo Obeso, troneggiando su piramidi di immondizie che scalano il cielo, copre di cacca-regali[3] famiglie sature che crollano sotto il peso dei soli imballaggi.[4]

All'epoca succedeva che i nostri ragazzi, ai quali insegnavamo il sacrificio in nome della condivisione, accettassero di privarsi di qualcosa per "i piccoli cinesi". Adesso i nostri generosi rampolli sono destinati a nutrire i piccoli cinesi assorbendo - fino all'indigestione- i prodotti della loro industria clandestina.

Si risparmiava per donare. L'amore, di cui il dono era il simbolo, aveva più valore che l'offerta in sé. Oggi, l'imperativo del regalo diventa l'alibi del nostro reciproco iper-consumo. Ognuno sa che riceverà tanto quanto dà, e si trova obbligato ad accettare gli ultimi "gadget" alla moda[5], e questo spreco "altruista" di benestanti che si congratulano a vicenda, perfettamente ipocrita, contribuisce a legittimare e occultare il nostro saccheggio delle risorse del pianeta[6].

DI CONSEGUENZA, fuggendo questa irreggimentazione scandalosa, facciamo appello ai  nostri lettori a non regalare e a non farsi regalare nulla:

Boicottiamo le feste!

In particolare, considerando che la mitologia cristiana, snaturata e recuperata, serve ormai da alibi a questo sperpero collettivo,

facciamo appello alle chiese

a rinunciare al salmone

e al bambinello, a... boicottare il Natale!

E INFINE POICHÉ, a quanto pare, i popoli hanno bisogno di riti, e i bambini di feste,

 

Facciamo del 25 dicembre

la festa della riduzione dei consumi e della decrescita!

François Brune

traduzione Francesca Grillo

[1] Editoriale apparso nel n.24 di 'La decroissance, le journal de casseurs de pub', dicembre 2004, pag.3 (n.d.t.).

[2] Ogni giorno, sulla terra, 30.000 bambini di meno di 5 anni muoiono per malnutrizione e malattie infettive.

[3] Il termine originale in francese (ca-cadeaux) è un gioco di parole che non è possibile rendere in italiano. Fa riferimento a un'intervista a pag.11 del n.24, dicembre 2004, di 'La decroissance, le journal de casseurs de pub' in cui il prof. Foldingue rapporta l'aggressività economica alla fase anale dello sviluppo della sessualità infantile come visto da Freud. Il bisogno di accumulare sarebbe ispirato dal bisogno infantile di produrre, palpare , speculare. Società dei consumi = società delle deiezioni (n.d.t.)

[4] In Francia la produzione di imballaggi ha raggiunto nell'anno 2000, la cifra di 18 miliardi d'euro, cioè 300 euro per abitante (fonte: Quid 2004)

[5] "Purché a Natale la mia famiglia non mi regali un telefono portatile" diceva poco tempo fa un nostro amico.

[6] Secondo Alain Accardo: Natale "all'origine momento fondamentale della vita spirituale", s'è trasformato "in celebrazione grossolanamente materialista [..] d'un saccheggio che è un insulto all'indigenza dei poveri" (Le Petit Bourgeois gentilhomme, pag.92, edizioni Labor, 2004)