Normalmente il sole non è caldo subito come lo è adesso che ci si sveglia da subito sudati. La pelle si imperla di brillantini, poi si riga di lunghi ruscelli e il lenzuolo scuro fa dei laghi più scuri ancora. Il cielo è un tetto di mattoni infuocati da cui pendono silenziosi i lampadari. Ed è mattina. Ed è l'alba e tu decidi di muovere i primi passi verso il lago all'ombra della casa del terrazzo in cui nuotano ragni rossi come se brulicando cercassero di cambiare colore alle piastrelle. Dalla strada, giù in basso, rumori lontani poi un rombo continuo e basso e colpi di clacson. Colazione in vestaglia e poi esci. Per capire come stai guardi come ti guardano gli altri e decidi che se non ti guardano non sei contenta (che se non ti guardano vorrà dire che non sei contenta... come se stessi raccogliendo un auspicio). Tutto sembra più fresco fuori. Guardi il cellulare, poi lo spegni per non avere dubbi né attese. Decidi che camminare è l'unico modo per non pensare e che gli autobus saranno tutti stracolmi di odori e barbe e frasi che non ti piacciono e nell'andare penserai che in fondo è tutto molto più semplice di come stai sentendo e che quello che stai vedendo e di gran lunga più chiaro di quello che stai pensando. Ma saltare da quest'altra parte dell'universo della comprensione ti procurerà un brivido che ancora non hai deciso se vincerai. Almeno per ora. Sei a lavoro.
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