Siamo sotto la casa di un amico. Io P. e F. Avete presente il mondo di Amelie? Quando alla povera bimba viene fatto credere che procura disastri? In positivo sembriamo noi. Siamo lì che chiacchieriamo e un’autista scampanella ad un ragazzo di zaini strabordanti. Din din din e quello nulla (avrà pensato che lo volesse prendere per il culo). Din din din (i tram, più meditativi, hanno questo clacson campana tibetana) e lo invita a salire. E quello “ma non ho il biglietto” e l’autista (l’autobus è vuoto) “sali lo stesso, non ti preoccupare”. Forse gli d° uno strappo fino al deposito. Dopo due minuti si ferma una macchina e ne scende un ragazzo (con una donna, la mamma). Da un’altra un uomo. Lei a lui: “ricordati di dargli le medicine…. Blablabla” Okkei okkei. Risale sull’altra macchina. Io P. e F. parliamo dei figli dei separati. La magia risuccede. Dalla macchina di lui (ora con il ragazzo) nessun rumore di motore. Ferma. E fermano la mamma che scende. Segue un’ora di cavetti e tentativi di accensione. L’incidente sembra scaldare un pavimento di ghiaccio. Come se si stesse sprigionando una comunicazione nuova da questa interruzione. Un’ora e si riparte. Sarà successo qualcosa nelle loro vite? Chissà se avessimo continuato a parlare Io P. e F. là sotto quella casa che sarebbe successo ancora. È che succedono sempre tante cose senza che ce ne rendiamo conto attorno a noi.
|