BAD
BOY BEBO
Ribelle Urbano
MESSAGGIO DI FINE ANNO DI BAD BOY
BEBO AGLI ITALIANI
Italiane e italiani
Popolo di cui mi pregio di far
parte. Siamo qui per darci l’augurio per l’anno che sta per
venire e nel farlo vogliamo trarre insegnamento dagli errori passati, da
quelli che ancora commettiamo impenitenti. No, nessun salottino di sfondo,
nessun camino, nessuna biblioteca. La quinta ideale del nostro saluto dovrebbero
essere i cancelli di Termini Imerese o la penuria molisana (ma penurie ancor
più antiche sopravvivono alle pur vecchie dichiarazioni di intenti)
ma non per rendere omaggio alla tv-dolore quanto per ricordare e ammettere
quello che avremmo dovuto fare e non abbiamo fatto. I torti di cui ci siamo
macchiati e continuiamo a macchiarci, conniventi. L’abusivismo selvaggio
che ci fa costruire palazzi di cemento sulla sabbia come fossimo bambini
con un talento speciale negli affari viziosi e nei tranelli, che sono cose
da bambini come da adulti ma da palazzinari navigati della vita fanno morti
e da creature solo inciampi sul bagnasciuga. Lo stesso si dica per la fatiscenza
delle nostre scuole edificate e permesse con una tolleranza che invece lesiniamo
in tutti i casi in cui la diversità ci risulta inaccettabile ed invece
è comprensibile. Ecco come siamo: umani e umanitari dove non ci costa.
Dove ci è facile imputare colpe e scioglierci nei sali di un bagno
purificatore che ci fa sembrare puliti per la ristrettezza delle acque della
nostra vasca. E così, le precise responsabilità dei tanti
cassintegrati non ricadano su un lavandaio appello alla congiuntura economica
quanto agli anni di sostegni ad personam (personam nella persona non del
singolo operaio ma di chi di questi ha disposto e dispone).
Orgoglio fiducia speranza siano pure parole che ci appartengano ma non ci
facciano ubriacare di spirito in questo semel in anno che preferiremmo si
rivolgesse ad una presa di coscienza del nostro male di dentro. La vita
è una continua battaglia tra forze oscure e forze illuminate, sia
detto fuori da qualsiasi metafora religiosa ma dentro la continua tensione
al Bene Pubblico che tutti dovremmo avere di contro allo sfascio che invece
tanti avvantaggia. Non è l’anno per invitare ad accelerare
riforme costituzionali decisioniste. Non è l’anno per richiamarsi
alla tensione delle opposte forze politiche quando si muore o ci si ammala
di Stato e lo Stato è le totali forze politiche che lo compongono.
Forze che si sono avvicendate in un escalation del disagio e dell’ingiustizia.
Sì, siamo tutti fieri della nostra italianità. Ma oggi che
le leggi continuano ad essere poco certe per i ricchi e claustrofobiche
per i poveri vorremmo non dover dire che ci sono due Paesi (non due schieramenti
politici in dissidio) e che il concetto astratto di Patria (parola a cui
per astratto facciamo riferimento con identico spirito di fratellanza) si
compone di due sottoconcetti: chi può e chi è potuto da chi
può.
Ci intristisce come tutti gli anni la disoccupazione. Anzi ci aumenta la
tristezza quest’anno con l’aumentare della disoccupazione. E
non vogliamo nasconderci dietro il dito dell’euro che ha fatto dove
meglio (altrove) e dove peggio (noi tra tanti) per non far sentire il salto
nel vuoto dell’unica banconota europea. Ci intristisce pensare che
molto si sarebbe potuto e si potrebbe evitare non nel nome dei Grandi Profitti
ma dei Grandi Diritti. E purtroppo siamo qui per riconoscere che i secondi
così poco contano rispetto ai primi nonostante l’evidenza dei
concetti astratti che in questo giorno siamo così propensi ad adulare.
Quello che ci sta a cuore è il tessuto morale della nostra nazione
non il rischio che esso possa essere disgregato perché sappiamo che
nulla può disgregare il Bene se questo è percepito come comune
e se così fosse potrebbe essere frazionato ma non disgregato. Quel
che rischia di essere disgregato è invece il Male e ciò avviene
per la naturale entropia di un concetto viziato per difetto. Così
preferiamo anche lessicalmente parlare del Bene medesimo che di concetti
astratti come Patria (per richiamarci alla tradizione da libro scolastico
che qualcuno si pregia di attualizzare in chiave negazionista o soltanto
da bucato) o come sistema-Italia connettendoci alle ultime versioni perverse
della globalizzazione che fanno di un Paese le sue risorse e le sue imprese
economiche.
E’ inutile qui ricordare la stima che il nostro Paese riscuote all’estero
nei termini di un concetto – ancora astratto – che è
quasi inamovibile perché conserva in una famiglia la buona cucina,
il Bel Paese, la bella e brava gente di questa nazione, i suoi monumenti
naturali e quelli che braccia infaticabili hanno contribuito a mettere insieme.
Questa stima incancellabile ha anche quest’anno le sue ombre pure
internazionali, sia detto in un’epoca storica che sembra prefigurare
scontri e soluzioni internazionali assai poco pacifiche e compositive. L’anno
che concludiamo ci lascia un’eredità triste e pesante, un’eredità
che è quella dei tanti conflitti che affollano il concetto astratto
Pianeta nonostante le conclamate ragioni dei vinti e le stigmatizzazioni
dei vincitori. Cionondimeno stiamo per assistere ad un regolamento di conti
internazionale che non mira alla ricomposizione del concetto di pace quanto
all’imposizione di un concetto di pace. Ecco ancora una nuova astrazione
dei concetti!
Vorremmo poterci dire fieri dei
concetti non solo di Patria ma di Umanità senza per questo richiamarci
ad alcun credo universale se non quello della pace e della vita e invece
anche oggi c’è chi guarda cartine geografiche mute e ci iscrive
i segni delle proprie influenze dimenticando la legittimità dello
stesso concetto Patria fuori dai propri confini. E tutto questo perché
il concetto suddetto è ubriacato di economia e di potere egoistici.
Così mentre ci salutiamo c’è chi lotta per sentire che
questo anno inizia nella concordia e nella giustizia di un territorio vissuto
come occupato e indifendibile perché espropriato. Nazioni che scontano
un ostracismo politico in nome di una differenza presunta e non reale se
non l’imbarazzo odioso verso chi ha scelto soluzioni politiche non
vezzose nei confronti del grande capitale internazionale. Mentre tutto ciò
avviene noi leviamo i calici al nostro concetto di Patria e di italianità
dimenticando i tavoli internazionali da cui ci alzammo con facce perplesse
e dilatazioni di tempo comprensive. E intanto patrioti con divise da noi
pagate stanno assistendo inermi e in pericolo di vita a molti di questi
conflitti sanabili nella concertazione che faranno invece ancora morti ingiuste.
Le morti sono sempre ingiuste perché sono sempre civili, anche quelle
militari. E lo diciamo in tempi in cui è più facile morire
senza divisa che con.
Vorremmo poterci dire fieri di stare per inaugurare un anno diverso dove
senza utopie sia permesso ad ogni cittadino del nostro Paese credere in
una giustizia non frazionata e divisa per classi e in un’economia
che non miri a spartire in parti diseguali la ricchezza e i doveri. Questo
sarà di certo un anno ‘felice’ per noi comunque ma l’augurio
sia che questa felicità riposi sulle certezze del diritto e della
solidarietà tra noi e con gli altri.
Buon anno a tutti noi, con tutto
il cuore.
Bad Boy Bebo
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