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 letto da giulia... di Carvelli
 
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E, come per la maggior parte del genere umano, fu così anche per me: scelsi il lato migliore per trovarmi poi nella condizione di non sapere come restargli fedele.

Robert Louis Stevenson
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Un libro la sua copertina
Di Carvelli (del 01/08/2006 @ 08:31:56, in diario, linkato 2018 volte)

Un libro è la sua copertina? Un libro è anche la sua copertina? Forse no ma la tara di questo cambio di immagine  nell'edizione economica del libro della Munro (Nemico, amico, amante... che semplifica un titolo inglese forse per noi meno significativo, per noi oggi?) opacizza la bellezza della prima edizione (la bella fotografia di Fulvio Ventura della donna ad un caffè). La domanda è: è giusto che l'edizione economica mantenga l'immagine della prima? E' giusto che sia la versione low cost dell'altra? Vorrei fare la stessa dissertazione su Dance dance dance di Murakami o rivelare la mia affezione per Un cuore così bianco nella versione Donzelli. Inutili edonismi? Affezioni? L'altro giorno uno scrittore (durante una presentazione di Perdersi) sottolineava come solo ora gli è permesso di dire la sua sulle copertine. Lo diceva giustificandosi per l'immagine in copertina di uno dei suoi primi libri. Quanto è importante poter dire la propria sull'immagine in copertina?

 

 

Allego di seguito un'inchiesta di qualche tempo fa da www.librialice.it

Inchiesta - Quanto conta la copertina?

Che ruolo riveste la copertina in un successo editoriale? E abitualmente chi la sceglie? Abbiamo rivolto queste domande ad alcuni attori del mondo del libro: scrittori, editori, grafici. Le risposte costruiscono un quadro piuttosto completo della situazione italiana, ma anche di quella internazionale. Una linea sembra prevalere: la copertina ha un ruolo abbastanza importante nel lancio di un libro e ne può indicare i contenuti in modo addirittura stupefacente, ma può anche essere “respingente”. È una scommessa e un rischio, comunque una scelta in generale molto ponderata.

Gli autori

Abbiamo chiesto ad Antonia Byatt, scrittrice con particolare competenza in ambito artistico, che importanza attribuisce alla copertina, in particolare per il suo Natura Morta così evocativo già nel titolo, e se sceglie, almeno nella versione originale, le immagini che vengono proposte al pubblico.
Sì io richiedo che venga stipulato e precisato nel contratto una clausola che mi consenta di approvare la scelta della copertina. Tuttavia non credo che uno scrittore capisca sino in fondo il meccanismo del marketing editoriale che portano a una determinata decisione. È ridicolo che gli scrittori, come spesso fanno, portino fotografie fatte da amici... Io non lo farei mai, ma mi interesso di copertine e mi permetto di suggerire delle immagini. Nel caso di Zucchero, ghiaccio, vetro filato c’è un’immagine polare con ghiaccio e neve che sono stata io a suggerire dopo averla trovata in Norvegia. Ho visto che funziona molto bene su sfondo giallo (in edizione britannica) e altrettanto bene su quello bianco dell’edizione Einaudi. Non mi piacciono le fotografie utilizzate per le copertine, specie se sono ritratti. Con un’unica eccezione: è stato ristampato di recente negli Stati Uniti il mio primo libro, The Shadow of the Sun (L’ombra del sole) con una fotografia di due piedi: sono due piedi degli anni 50 e non si vede il viso perché la testa è completamente tagliata. È un’immagine che amo moltissimo, con quella luce che viene da dietro... Preferisco comunque riproduzioni di disegni e dipinti, come quello di Casorati della copertina italiana di Natura morta. Alcuni anni fa andai a Torino per un seminario alla scuola Holden ed ebbi occasione di cenare da Casorati. Questo quadro mi piacque talmente che lo convinsi a cedermi i diritti di riproduzione.
Il romanzo che ha reso molto popolare in Italia David Grossman, Che tu sia per me il coltello, ha un ritratto in copertina estremamente evocativo, forse una delle concause del successo immediato del romanzo sul grande pubblico. Anche il titolo è davvero carico di suggestioni: lo scrittore israeliano ha sempre, anche nei romanzi successivamente usciti in Italia, mostrato particolare cura per questo tipo di scelte. Ma a chi va il merito di tutto ciò? Ecco come lo scrittore ha risposto:
La casa editrice mi consulta sia a proposito dei titoli che delle copertine, però mi fido del mio editor perché so che conosce gli editori italiani molto meglio di quanto li conosca io. Quello che posso dire è che so molto bene ciò che non voglio: ho sempre la possibilità di scegliere, per esempio, fra le fotografie che verranno messe sulle copertine dei miei libri. Conoscerete, forse, l’aneddoto che sta dietro la copertina di Che tu sia per me il coltello, questa storia sorprendente, stupefacente, che recentemente si è conclusa purtroppo con la morte della donna del ritratto. Quanto ai titoli: in ebraico i titoli dei miei libri sembrano bizzarri, quasi incomprensibili, ma è successo che dopo un po’ siano diventati frasi entrate nel linguaggio comune, quasi degli slogan, applicabili a diversi aspetti della vita. È successo per Il libro della grammatica interiore, è successo per Vedi alla voce: amore e anche per Ci sono bambini a zig-zag. Forse in Italia il clima, da questo punto di vista, è più conservatore. Per esempio, il titolo del primo racconto di Col corpo capisco (quello a cui ho accennato) è stato tradotto in italiano con “Follia”, in ebraico invece è una parola che ho inventato, cioè ho creato un neologismo, che letteralmente significa “render se stessi folli”, più precisamente ancora, “infiammare se stessi fino a portarsi al grado della pazzia”. È esattamente quello che fa Shaul, il protagonista. Mi chiedo come potrebbe mai essere tradotta un’idea del genere in italiano, ed è per questo che è stata scelta una traduzione forse più conservatrice come, semplicemente, “Follia”, che non copre, però, l’intero significato del neologismo ebraico.
A uno scrittore italiano molto noto e amato, Giuseppe Culicchia, libraio in un passato non remoto, chiediamo quanto la copertina di un libro abbia importanza, secondo lui, nel determinare il successo o l'insuccesso di un’opera
Sì, in base alla mia esperienza di libraio devo dire che la copertina di un libro ha naturalmente la sua importanza nel determinarne il destino. Ricordo su tutti il caso dell'esordio di Banana Yoshimoto: Kitchen aveva una copertina molto bella, piena di giapponesine, capace di attirare l'attenzione del cliente e di incuriosire (come peraltro, va detto, il nome dell'autrice).
Raramente l'autore ha la possibilità di scegliere la copertina. E, fermo restando che i grafici dovrebbero poter fare il loro lavoro di grafici, non sempre è un bene. Per quanto mi riguarda ho scelto la fotografia per la copertina del Paese delle meraviglie perché mi pareva che contenesse tutto il libro: vitalità dell'adolescenza, voglia di ribellione, innocenza, e però anche l'incombere di qualcosa. e poi c'era la quercia, insomma era a mio modo di vedere perfetta. non ho condiviso la scelta del lettering, ma non si può avere tutto.
A chiudere questa panoramica Elena Loewenthal, che ha scritto narrativa e saggistica, due generi che richiedono sicuramente un approccio grafico differente. Quale importanza attribuisce alla "giusta copertina" per il successo di un libro? Con quali criteri sono state scelte le sue copertine?
Ho un rapporto viscerale con i miei libri, per me la copertina viene come dire dopo tutto il resto. Però so che ci sono ragioni commerciali importanti e per questo mi affido sempre all'editore, che ne capisce più di me... Diciamo che cerco di rispettare le sue scelte, se non vedo proprio qualcosa che sento estraneo a ciò che ho scritto. Il mio editore mi sottopone sempre le prove di copertina, ne discutiamo democraticamente. Ma da parte mia cerco di rendermi conto che, per la scelta della copertina, l'editore ha di gran lunga più esperienza di me.


Gli editori

Particolarmente interessante il parere di Giulio Mozzi, che si colloca a metà strada tra quello dell’autore e dell’editore. In realtà riveste entrambi i ruoli, e può darci un’idea di come si compensino le esigenze e le scelte.
Quale importanza può avere la "giusta copertina" per il successo di un libro per un autore-editore?
Non rispondo né come autore né come editore: ma come lettore. So benissimo che una copertina fatta in un certo modo può provocare l'estensione del braccio destro e la presa in mano del libro. Poi, ovviamente, nel libro ci si guarda dentro. Ma ci sono copertine che trovo respingenti (quelle con i pittori fiamminghi, quelle con il modernariato pop illucidito con Photoshop ecc.) e copertine che trovo attraenti (quelle di carta non patinata, quelle con piccoli segni fatti a matita, quelle con colori saturi ecc.). La copertina quindi è importante. (Lo stesso discorso vale per i dischi).
Tornando all’attacco, come autore chi sceglie le tue copertine e, se le scegli tu, con quali criteri?
In dodici anni che pubblico, mi è successo di tutto. Per il primo libro di racconti (presso l'editore Theoria) proposi un'immagine, che fu accettata. Per il secondo (Einaudi), quando dissi che avevo delle proposte da fare mi dissero che non era affar mio. Per il terzo (Mondadori) l'editore mi fece una proposta che mi convinse subito. Per i primi due libri fatti in Einaudi Stile Libero, vidi la copertina quando mi arrivarono le copie a casa; per il terzo mi fu chiesta un'opinione, quando la espressi qualcuno si irritò, sul libro trovai l'immagine che meno mi andava a genio. Per il poema e l'ultimo libro di racconti (Einaudi) portai delle immagini e nessuno ebbe niente da ridire.
Quanto ai criteri: non saprei dire. Secondo me non ha molto senso parlare di "copertina": è più giusto parlare di "confezione", includendo nella confezione anche il titolo. L'ultimo libro che ho fatto, a quattro mani con Dario Voltolini, Sotto i cieli d'Italia, ha un titolo che è stato generato dall'immagine della quale mi ero innamorato. Il criterio, se un criterio è, è questo: il libro è un oggetto, ogni sua parte deve corrispondere alle altre.
Nelle vesti di editore invece come ti comporti? decidi tu, decidono gli autori, scegliete insieme?
Dipende. C'è l'autore propositivo, e l'autore che no. C'è l'autore ipercritico e quello al quale va bene tutto. In linea di massima decide il gruppo di redazione; accogliendo volentieri suggerimenti dell'autore; e tenendo conto delle sue osservazioni. Non credo che si possa stabilire un criterio. Una collana ha una sua logica grafica, immaginifica. Si può anche dare il caso di un libro per il quale sia impossibile trovare la copertina giusta, a meno di stravolgere la logica della collana. Eccetera. Tutto sommato, credo che sarei per l'improvvisazione, per il "volta per volta". Ma questo, in una casa editrice, è difficile (e rischioso) da fare...
Un copertina “sbagliata” può danneggiare un buon titolo? Lo chiediamo a Luisa Sacchi, direttore editoriale della casa editrice Fabbri
Titolo e copertina certo sono determinanti nell'incentivare l'acquisto o al contrario nello sfavorirlo. Ma anche nel creare un'aspettativa di temi, tenore, sapore che potrebbero poi essere deluse.
Quindi la scelta della copertina è un lavoro delicato e difficile: i criteri? leggere sempre il libro, pretendere che anche il grafico e l'illustratore lo facciano. Scegliere quindi grafici e illustratori che abbiano una vera passione per i testi.
Non esistono compartimenti stagni nel nostro lavoro, la passione per la lettura, l'attenzione per il nostro lettore, il rispetto per il nostro autore devono vederci uniti. Non è importante chi sceglie: a volte l'editor, a volte il grafico, a volte l'autore, più raramente il direttore editoriale. È importante invece come si sceglie. È un lavoro infatti che richiede molta cultura, curiosità e ricerca. Bisogna poi avere in mente molte immagini per trovare quella giusta e amare la fotografia, l'arte, l'illustrazione, non solo la lettura.

A Marco Zapparoli e a Claudia Tarolo, (gli editori marcos y marcos) che hanno sempre avuto copertine particolari e inconfondibili per i loro libri chiediamo “come” e “quando” nasce una copertina.
L'idea per la copertina in marcos y marcos nasce quando i due marcos – Marco Zapparoli y Claudia Tarolo - si rendono conto che è venuto il momento di pensarci e riescono a ricavarsi uno spazio bello sgombro da dedicare solo a quello.
Si parte, naturalmente, parlando del testo: tentando di intuirne la
tonalità, di lasciarne affiorare quadri e immagini. Attraverso un confronto sempre più serrato si arriva al soggetto vero e proprio, procedendo per tentativi, continuando a correggerci a vicenda fino all'idea che convince tutti e due. Che è sempre la somma di più idee. Entra in scena così Lorenzo Lanzi, dal 1997 disegnatore esclusivo della Real Casa.
In un lasso di tempo che, a seconda dell’urgenza, va da tre ore a tredici
giorni, Lorenzo prepara due bozzetti a matita. Lì si vede quanto ha raccolto dell’idea di partenza, dopo averci aggiunto e/o tolto del suo. A volte tutto si presenta già più che bene, e normalmente le copertine migliori sono quelle in cui la “trasformazione” avviene al primo colpo. Altre volte, occorre rifare. e rifare. e tri-fare.
L’autore deve già fare l’autore: fatica non da poco. Per gli aspetti grafici e commerciali meglio riposare nelle salde mani dell’editore, che normalmente
di queste cose si intende. Capita, naturalmente, che dica la sua; ma è meglio per tutti che non diventi una regola.
Una copertina brutta può frenare le vendite, ma forse la cosa peggiore è una copertina sbagliata. Una copertina sbagliata può dare del libro, del suo contenuto, un’idea diversa da quel che è. Quindi, mette il libro nelle mani sbagliate. Il lettore si aspettava un libro completamente diverso!
E il lettore deluso non consiglia poi a nessuno il libro: per noi questa è la cosa peggiore.


Il punto di vista dei grafici

Interessante vedere l’argomento anche dal punto di vista dei grafici che realizzano i disegni ideando un’immagine espressamente legata a quel titolo. Non dunque copertine ricavate da disegni o fotografie preesistenti, ma un lavoro fatto ad hoc in collaborazione con l’autore. È ciò che accade con le edizioni statunitensi di Haruki Murakami che collabora strettamente con i grafici delle case editrici Alfred A. Knopf e Vintage Books
Haruki Murakami lascia molto spazio a Chip Kidd e John Gall che lavorano con lui da molti anni, fornendo loro il manoscritto del romanzo per permettere una lettura meditata del testo. La collaborazione è così riuscita ad “invadere” anche l’area editoriale giapponese: After the quake, con la colorata ranocchia, è diventata anche la copertina dell’edizione giapponese del libro. Segno evidente della soddisfazione dell’autore e della risposta del mercato editoriale.
Come nasce il disegno di una copertina? Chip Kidd dichiara a proposito di una delle più fortunate dei romanzi di Murakami, The Wind-Up Bird Chronicle (L’uccello che girava le viti del mondo):
Murakami non descrive mai la forma dell’uccello protagonista, e in questo caso ho infranto una delle mie regole principali: ho realizzato un’immagine che rappresentasse il titolo alla lettera. Generalmente non si tratta di una decisione giusta, e può sembrare quasi un insulto al lettore. Cosa salva questa scelta specifica è l’astrazione. Nel romanzo quello che il narratore chiama “the wind-up bird” è molto presente anche se non si vede mai. Così ho realizzato un uccello così grosso che solo una parte di esso possa essere percepito singolarmente sulla superficie del libro. E per esprimere ciò che può celarsi dentro un simile uccello, ecco un buco che rimanda a un altro livello.
A John Gall invece il compito di disegnare le copertine delle edizioni paperbacks. Secondo quali linee di lavoro?
I libri di Murakami sono contemporaneamente misteriosi, surreali e un po’ fantascientifici. Ha sviluppato temi antichi come donne scomparse, acque che scorrono, misteriose cavità del terreno. Così come molte azioni, che risultano essere normali, nelle sue storie vengono descritte in un modo particolarmente accattivante: preparare il pranzo, fare la spesa... Volevo copertine originali ma tranquille al tempo stesso. E volevo colori che richiamassero la cultura giapponese contemporanea. Alla fine ho realizzato con pochi elementi una grande quantità di disegni così come accade a Murakami, non dimenticando il gusto un po’ vintage, che anche lui possiede, per cose come il jazz e in whiskey.
Quale la differenza sostanziale dal punto di vista grafico tra la copertina dell’edizione rilegata e quelle tascabile?
La grande differenza è che è necessario mettere più informazioni in una copertina più piccola destinata a un pubblico ancora più vasto. Oltre al titolo spesso vengono inseriti quote, una frase che richiami il successo di vendite della prima edizione, qualcosa sull’autore e talvolta su un premio vinto. Inoltre la copertina deve essere accattivante e richiamare l’attenzione del lettore, perché l’edizione economica non è supportata dalle recensioni.

Di Grazia Casagrande e Giulia Mozzato

Data dell'ultimo aggiornamento: 17 febbraio 2005

www.librialice.it/news/primo/inchiesta_copertina.htm 

 

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