Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 30/11/2012 @ 09:10:43, in diario, linkato 1336 volte)
Su Internazionale di oggi una poesia di Kurt Marti, poeta e teologo evangelico, che qui posto in un'altra versione:
Voi chiedete cos'è la risurrezione dei morti? io non lo so
voi chiedete quando è la risurrezione dei morti? io non lo so
voi chiedete c'è una risurrezione dei morti? io non lo so
Io so soltanto quello che voi non chiedete: la risurrezione di coloro che amano
Io so soltanto a che cosa Egli ci chiama: alla risurrezione qui e ora.
http://alsolcodellavita.blogspot.it/2012/04/risurrezione-qui-e-ora.html
Ieri in un vagone della metro alle 23 passate leggevo l'intervista che chiude il libro postumo di un autore vivente ma non scrivente. Lui è Matteo Galiazzo e il libro si intitola "Sinapsi" (edito da Indiana). Chi è Galiazzo? Un autore che per noi che abbiamo scritto e letto negli anni '90 ha rappresentato una ipotesi di sviluppi ulteriori e interessanti rispetto a quello che avevano letto o leggevamo. Veniva da una piccola rivista e dall'attenzione di un altro autore interessante tanto come agitatore letterario (ma non agitava o non voleva farlo pretestuosamente) che come scrittore di racconti come Marco Drago e il suo Maltese. Lo scambio tra Matteo B. Bianchi e Galiazzo dal titolo "Un pensionato che guarda i cantieri" ha un suo vento. Galiazzo racconta il suo fermo biologico di non precisata durata. Il punto non è la carenza di pesci e in minima parte riguarda il mare in tempesta. Galiazzo non scrive forzatamente o naturalmente? Forse è questa la prima domanda. Ma di domande ce ne sono molte. Quelle che fa MBB e altre che forse avrebbe voluto fargli o gli farebbe ancora se potesse. Quelle che gli faremmo noi altri se potessimo (cosa legge? come è cambiato il rapporto coi libri? cosa il digitale ha migliorato o migliorerà o peggiorerà?). Forse, al di là delle risposte dello scrittore genovese (la scelta della programmazione come forma certa di contro all'incerta e molteplice via della creazione letteraria, la tendenza dell'ambiente letterario alla non dimensione e al disargine e altro), una risposta si fa largo in noi: Galiazzo non scrive per dimostrare a se e agli altri che si può scrivere (anche con il successo che decreta la pubblicazione per un grande editore come Einaudi) e poi non scrivere più. Come se si trattasse di una sintomatologia diversa più che di una guarigione. Non scrive come se si potesse ragionare sul tempo (uno scrive perché ha scritto oltre che il contrario) e dire che uno rimane scrittore anche se non pubblica e persino se non scrive (la qual cosa giustifica molti esordi tardivi e molte riscoperte). Non scrive perché ha già scritto. Non scrive per dimostrare a se e a noi che scrivere non è un mestiere (almeno quanto vivere) e cosa meglio di un prepensionamento in piena salute? Non scrive e questo resta. Come un punto prima che un punto di domanda.
Nella raccolta "Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank" (Einaudi) di Nathan Englander c'è un racconto di truce realismo e di candida follia. Autore (sic!: senza nome e come fosse una funzione) va in giro per gli States a presentare il suo nuovo libro. E' reduce da successi. Ma reduce, appunto. Pochi che si ricordino di lui. Così - come sa chi ha presentato libri e teme - non si presenta nessuno a questi happening. Né alla prima né dopo. Salvo un buffo personaggio, un seccatore diremmo. Eppure finisce per essere l'alleato del suo perduto passato. La memoria flebile del meglio che è stato. Autore. I soldi finiscono, il giro continua. Ma nelle librerie solo Autore e il tipo buffo che lo costringe ad ottemeperare alla regola aurea che "se c'è qualcuno comunque la seduta è valida". La lettura non ha un numero legale. Conta da uno. E un/lo Autore deve saperlo. Anche se è fiele essere per pochi (e consolazione è che sia melassa essere per troppi). I racconti di Englander sono molto belli - non saprei dire se sono la sua forma migliore (come ho letto in molti) perché mi piacque pure "Il ministero dei casi speciali".
Ieri abbiamo visto End of Watch - Tolleranza Zero. Che uno possa perseguitare in maniera supplizievole chi ha detto che è un bel film! Che qualche punizione discenda su chi ha gridato all'innovazione o al miracolo. La parola caz** è la panacea di ogni male e di ogni bene. Qualcuno ne tenga il conto: duecento? trecento? Il poliziotto è rude ma ha buon cuore. Insomma non manca nulla per gridare alla noia. Dunque, perché no. O perché sì. Poi va aggiunta una telecamera nascosta per dire che è un film nel film. Una pellicola sperimentale (con nausea inclusa nelle scene di cameracar). Ah che innovazione! E poi morire ma lasciando quel vuoto di una simpatica canaglia che talvolta sbaglia. Ma per bene. Nella notte vuota brillano le luci-comete. E' già Natale.
Penso a che fortuna è raccogliere testimonianze di altri che hanno vissuto un quartiere. Che ne conoscono le strade da sempre. Che ne hanno ereditato anche ricordi precedenti, non vissuti eppure veri come se fossero veri davvero. Di una verità parallela. Acquisita. Scrivo tutto questo pensando alla passeggiata di ieri al Quadraro che è stata impreziosita da brani di vita. Ogni momento di questa piccola avventura di strade ha avuto la presa diretta di quelli che sanno davvero il quartiere. Da e per generazioni. Ed è stato un piacere per me che la coordinavo e per i tanti intervenuti.
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