Da Largo Argentina ad Anagnina: sessantadue "mortacci sua"
Salgo sul taxi e dico dove devo andare. Il tassinaro registra l'informazione e parte. Accennno al traffico del giorno (già verificato e conclamato dal tassinaro dell'andata) e lui scatta "mortacci sua". E continua, come con un tassametro. E poi declina: "mortacci sua der sindaco e di tutti l'assessori". E via così. Uno dietro l'altro cadono sotto i suoi "mortacci sua" tutti i presunti responsabili del traffico. Non è un buon momento questo per i tassinari e si capisce dall'odio ostentato e profuso (questo) e da altre manifestazioni di dolore (la confessione dell'altro giorno di un altro che disperato mi chiedeva consigli su come comportarsi). Intanto il taxi avanza e io mi accorgo che non ho mai visto la faccia del declamatore di "mortacci sua". Mi viene la curiosità e provo a inquadrare il volto nello specchietto ma inutilmente. Poi, ad un mio commento invece colgo il muso, e lo vedo contratto in un'espressione sofferente, un ghigno, una trattenuta ira che gli ha modificato la mascella e le labbra. Mi dico che non voglio morire così. Con una faccia da "li mortacci sua".
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