Di Carvelli (del 06/11/2006 @ 08:40:50, in diario, linkato 917 volte)
Ieri alla mostra di Henri Cartier-Bresson. Da solo. In una giornata di uno straordinario grigio. In una luce immobile (chissà se in un giorno così avrebbe scattato e come CB). E' un pubblico della domenica mattina quindi quieto, comandato alla visita accurata, alla ricerca di informazioni, eventi più che equilibri. C'è una frase che vedo citata (è di Cartier-Bresson) e che mi piace. Dice "La macchina fotografica è per me (...) il detentore dell'attimo che, in termini visivi, interroga e decide nello stesso tempo". Interroga e decide. E tutto in un attimo. E' lo stesso che si potrebbe dire della parola dei libri? Mi sono sopreso a pensare (specie nel vedere il film delle/dalle sue immagini che va in loup in una sala attigua) a come spesso compaiano foto (in qualche modo è frequente) di due (talvolta più) persone dove il fotografo è il terzo: un esterno, uno spettatore. O foto di soggetti e come in questo caso Cartier-Bresson si ponga come il secondo elemento di questo (possibile/probabile?) dialogo. Mi sono chiesto se sia tutto un film mio pensare che forse un fotografo altro non è che un doppio sguardo sulle cose. Che non solo interroga e decide ma che forse anche c'è (per raccontare da dentro) o si assenta per vedere da fuori. In definitiva è un dentro e un fuori la foto. L'incorniciatore dell'immagine e il collezionista degli attimi a cui ha presenziato. In definitiva ho fatto pensieri sulla complicità tra l'artista e i suoi personaggi.