Fuori dal cinema ci fermano e ci dicono di non andare. "Di salvarvi" ci dicono "finché siete in tempo". Nei loro occhi terrore, nelle loro parole disappunto. Lui riprende gli occhiali della presbiopia e ritorna sul piccolo santuario di ex-voto delle recensioni appiccicate (Oh voi gestori siete convinti che sia un bene portare i giudizi altrui a rinforzo della vostra scelta di programmazione?) e riaccusa rabbia nello scoprire che il recensore non ha firmato il suo pezzo (è dunque realistica l'immagine di un Moretti torturatore di Mazzacurati/Silvestri!?). Andate via! Ma perché? E nel perché si arrampica su parole come "surrealismo, animali, confusione, miscelpiccolivestitodadonna" ed espressioni di sconcerto. Arriva a dire che il "film non conclude" - e il film è Giardini in autunno di Otar Iosseliani - ma sottolinea di essere uscito a 45 minuti dalla fine. La moglie rincara. Insomma se c'è un messaggio il messaggio è: questo film. E il messaggio è o sì o no. Ma - ci pensiamo un po' - il messaggio è: questo film sì. E il film - per quanto non surreale, per quanto con animali (ma carichi di simboli) e tutto sommato con uno sviluppo chiaro e concluso - ci piace.
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