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 Il letto di luisa-rosikella... di Carvelli
 
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Quand'ero giovane, avevo ali instancabili,/ ma non conoscevo le montagne./ Quando fui vecchio, conobbi le montagne/ ma le ali stanche non tenevano più dietro alla visione./ Il genio è saggezza e gioventù.

Edgar Lee Masters
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Il libro della Reza (recensione su l'Adige)
Di Carvelli (del 07/12/2007 @ 10:42:27, in diario, linkato 958 volte)

La recensione del libro di Yasmina Reza (L'alba la sera o la notte - Bompiani) su Sarkozy uscita il 5/12/2007 su l'Adige.

Sarkozy dietro le quinte
di ROBERTO CARVELLI
Quali che siano la nostra percezione e la nostra convinzione le ultime elezioni politiche francesi hanno dato l'idea di un paese in rinnovamento. Era vero o lo sarà? È presto per parlare ma, di certo, il tema dello scontro non è apparso quello tra due vecchiezze che si somigliano ma tra due visioni dell'operare politico. Alla maggior parte dei commentatori italiani bipartisan è sembrato già qualcosa. E curiosità la richiedeva il tenore dei personaggi: a loro modo due supereroi della vita famigliare - così si presentavano salvo scoprirsi appena all'indomani del voto entrambi in irrimediabile crisi coniugale. Siamo entrati così nel vivo della recensione del libro di Yasmina Reza, notissima e rappresentatissima (non solo Oltralpe) drammaturga francese (di origini iraniane) da noi conosciuta soprattutto per la narrativa. In «L'alba la sera o la notte» (Bompiani, 15 euro), vòlto in francese dal traduttore, editor, scrittore Sergio Claudio Perroni, la scrittrice racconta il dietro le quinte del personaggio-persona Nicolas Sarkozy. E di confidenze ce ne sono state diverse se la Reza ha potuto pedinare lo statista nei giorni prima delle elezioni cogliendo vizi e debolezze ma pure pregi. Se il libro dovesse essere qualcosa di commestibile l'idea sarebbe uno di quei formaggi molto fermentati che fanno i buchi dove «buchi» non sta a dire mancanze. Tutt'altro.

La Reza lascia spesso il lettore su una riflessione. La fa quasi precipitare nel racconto con significatività. Una frase, pausa, si passa a un'altra giornata del tour de France del pretendente all'Eliseo. Questo approccio ulteriore rende il libro non un noioso diario di viaggio né un instant book pre-elettorale ma un libro in sé. Non ci è dato sapere se c'è un calcolo o una "marchetta" dietro a cotanta risonanza ma se ci fosse stato dolo la Reza ne uscirebbe innocente o con molte attenuanti. Questo non è un libro che scade, fogli in attesa del macero o del cassonetto ma un romanzo che entra a buon titolo nella produzione di uno scrittore arricchendola. Il tema politico è spesso declinato in Francia con una naturalezza né imbarazzata né sottomessa e mi viene da pensare a due recenti film - francesi almeno per ambientazione e produzione - quelli di Guediguian dedicato alla fine di Mitterand, «Le passeggiate al Campo di Marte», e quello surreale e iconoclasta del georgiano Iosseliani, «Giardini in autunno». Dopo averli visti mi sono domandato chi in Italia avrebbe potuto osare tanto e con tanta classe (anche deviando dal proprio percorso filmico). Altrimenti me lo sono ripetuto pensando all'eventuale giornalista o scrittore al seguito di nostri sfidanti dell'agone scorso. Ma con ulteriori perplessità. Il Sarkozy pensiero è rappresentato a volte sul filo della cronaca a volte nella contraddittorietà dell'analisi. Come appare l'uomo politico? Un decisionista, un coraggioso, un egoista allenatissimo, un calcolatore ma pure un leale. Spesso uno che «non smette mai di agitare la vita» forse nel terrore dell'horror vacui. A volte si coglie lo spirito del bambino, altre la freddezza dell'uomo. Il mito di sé: «So essere solitario nelle decisioni». Il calcolo: «Sarei tentato di aprire un pochettino sull'eutanasia». Ma il tema più sollecitato rimane il coraggio. Ancora Sarko, napoleonicamente (i vignettisti francesi devono aver avuto un «destro» facile): «La mia non è una battaglia politica, la mia è una battaglia ideologica». La Reza non sta in disparte. Chiosa («Essere il favorito, che disincanto per un amante delle avversità»), critica e cita «L'attaccamento non è altro che insufficienza di senso della realtà» (dalla Weil). Poi chiude benissimo con metafora, rivelando la sanità, in questo caso almeno, della laicità e del distacco.

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