Di Alina Marazzi avevo visto e apprezzato il precedente film-documentario (una ricognizione sentimentale in un dolore alleggerito da un amore saggio per comprensione del senso della vita e necessità di dialogo a distanza, di pace virtuale), con in più la felice scoperta di una particolare coincidenza musicale che qui non dico. Una coincidenza che mi aveva sorpreso e mi aveva reso tutto molto famigliare. Venerdì sera in una sala romana ondeggiante di gialle mimose e post manifestazioni, ho visto VOGLIAMO ANCHE LE ROSE e la sorpresa è stata doppia. Uno perché è un film intelligente (senza per questo rischiare di apparire furbo) e utile (che uno di questa storia ne sa sempre meno di quello che merita, specie nel nostro Paese) ma (seconda sorpresa) perché è un film freddo. Qualcuno ha riso durante (troppo forte la tentazione del fuorimoda), dovrei dire "qualcuno ha riso distante", qualcuno si sarà pure indignato ma poi alla parola FINE (c'era la parola FINE?...c'è la parola FINE nel genere in parola?) è piombato un gelo. Un ghiaccio spesso da cui tutti siamo usciti muti. Neppure ci ha emozionato il timing di questa truce storia della condizione femminile. E via: ognuno per la sua strada. Eravamo intirizziti davvero. E lì a chiedersi: è giusto? E' effetto voluto? Fa un buon servizio non suggerire emozione...in questo caso, almeno? Cercare una facile soluzione ad effetto a questo male non necessario è un segno di giusta distanza? Sono domande a cui ancora non rispondo. Ma mi fa pensare come a una mano che uno/a pur di gradevole aspetto e modi gentili ti porge molla e ghiacciata...poverocristo che colpa ce n'ha se c'ha quella circolazione lì...eppure. Ci penso un altro po'.
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