Ottocento di Fabrizio De Andrè + Novecento di Paolo Conte
Cantami di questo tempo l’astio e il malcontento di chi è sottovento e non vuol sentir l’odore di questo motor che ci porta avanti quasi tutti quanti maschi , femmine e cantanti su un tappeto di contanti nel cielo blu
Figlia della famiglia sei la meraviglia già matura e ancora pura come la verdura di papà
Figlio bello e audace bronzo di Versace figlio sempre più capace di giocare in borsa di stuprare in corsa tu moglie dalle larghe maglie dalle molte voglie esperta di anticaglie scatole d’argento ti regalerò
Ottocento Novecento Millecinquecento scatole d’argento fine Settecento ti regalerò
Quanti pezzi di ricambio quante meraviglie quanti articoli di scambio quante belle figlie da sposar e quante belle valvole e pistoni fegati e polmoni e quante belle biglie a rotolar e quante belle triglie nel mar
Figlio figlio povero figlio eri bello bianco e vermiglio quale intruglio ti ha perduto nel Naviglio figlio figlio unico sbaglio annegato come un coniglio per ferirmi, pugnalarmi nell’orgoglio a me a me che ti trattavo come un figlio povero me domani andrà meglio
Ein klein pinzimonie wunder matrimonie krauten und erbeeren und patellen und arsellen fischen Zanzibar und einige krapfen frùer vor schlafen und erwachen mit walzer und Alka-Seltzer fùr dimenticar
Un piccolo pinzimonio splendido matrimonio cavoli e fragole e patelle ed arselle pescate a Zanzibar e qualche krapfen prima di dormire ed un risveglio con valzer e un Alka-Seltzer per dimenticar.
Quanti pezzi di ricambio quante meraviglie quanti articoli di scambio quante belle figlie da sposar e quante belle valvole e pistoni fegati e polmoni e quante belle biglie a rotolar e quante belle triglie nel mar.
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Dicono che quei cieli siano adatti al cavalli e che le strade siano polvere di palcoscenico Dicono che nelle case donne pallide sopra la vecchia «Singer» cuciano gli spolverini di percalle, abiti che contro il vento stiano tesi e tutto il resto siano balle, vecchio lavoro da cinesi… eh… eh… Dicono che quella vecchia canzoncina dell’ottocento fa sorridere in un dolce sogno certe bambole tutte trafitte da una freccia indiana, ricordi del secolo prima, roba di un’epoca lontana, epoca intravista nel bagliore bianco che spara il lampo di magnesio sul rosso folle del manganesio.. eh… eh… Indacato era il silenzio e il Grande Spirito, che rellentava la brina, scacciava i corvi dalla collina… come una vecchia cuoca in una cucina sgrida i fantasmi del buongustai in una lenta cantilena… Lasciamo stare, lasciamo perdere, lasciamo andare non lo sappiamo dov’eravamo in quel mattino da vedere… eh… eh… Dov’eravamo mai in quel mattino quando correva il novecento le grandi gare di mocassino… lassù, sui palcoscenico pleistocenico, sull’altopiano preistorico prima vulcanico e poi galvanico… dicono che sia tutta una vaniglia, una grande battaglia, una forte meraviglia… eh… eh… Galvanizzato il vento spalancava tutti i garages e liberava grossi motori entusiamati… la paglia volteggiava nell’aria gialla più su del regno delle aquile dove l’aereo scintilla… l’aereo scintillava come gli occhi del ragazzi che, randagi, lo guardavano tra i rami del ciliegi… eh…eh…
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