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La classificazione dell’eroe per tipo
di Roberto Carvelli
Il padre di Antonio
Di tutte le cose che potevano accadere alla vita di quest’uomo che è la mia, la peggio che poteva succedere è che ti nasce un figlio con l’handicap. Non lo so cosa ti può succedere che è peggio. Che non hai studiato che i professori parlano con quei paroloni, che non ci sta niente e capisci una cosa per l’altra, che dici proprio a me, che ti monta una rabbia che spaccheresti ogni cosa che questa cosa proprio non la capisci: che ti è nato un figlio anormale. A certi, certe cose non hanno da succedere. Una famiglia ricca, può essere. Ma uno che sgobba per due soldi no. Che devi fare? Lo tieni a casa e cerchi di lavorare più che puoi perché pensi “io muoio e a quello chi ci pensa? La sorella?” e lo sai che la sorella non ci penserà. Così lavori e ti spacchi la schiena ore. Ti svegli e lavori. In mezzo c’è solo il materazzo. E dopo? La cassa come per tutti. Di legno come tutti. Le immaginette, le preghiere, i fiori e basta. Questa è.
Io zingaro
Io zingaro io cassonetti tu butta e io raccoglie, io zingaro tu odia ma io serve: tu televisore plasma io tuo vecchio synudine, tu aspirapolvere nuova io tuo vecchio folletto; io zingaro tu butta e io raccoglie e domenica vende mercato; tu dice io inutile ma io serve, se tu lascia nessuno prende strada sporca gente lamenta e invece io prende e vende; tu butta mobiletto vecchio io vende tu lascia monitor computer io carica su furgone e vende; tastiera radio giradischi macchina moka tu butta io non butta; io prende e dopo strada pulita. Tu dice io mangia alle tue spalle nooooo tu butta pane e io pulisce e mangia. Tu butta e io raccoglie.
Ehi sono Serena
Studio da infermiera, tiro cocaina, sono sagittario. Mi tamburellano in mente queste tre frasi. Le dico che quasi non mi sembrano mie. Cerco di pensare alle persone a cui le ho sentite pronunciare. O era una sola? A quanto ne so potrebbero essere tre persone o una. Un ricordo sbagliato.
Studio da infermiera
tiro cocaina
sono sagittario
Da come suonano potrebbero essere un rap. Forse solo un rapper può inanellare tre sequenze così dissonanti. Ma a questo punto sarebbe una rapper donna. Conosco rapper donne?
Che vuoto! Da quando è così? Da quando cerco di mettere insieme ricordi confusi? Provo a cantare a mente i miei tre versi.
Studio da infermiera
tiro cocaina
sono sagittario
Mi suonano. Li ripeto. Più e più volte. Ripasso nella mia agenda mentale la successione delle uscite serali per vedere se c’è un concerto, un gruppo rap. Vado in un negozio di dischi specializzato e chiedo. Esistono rapper donne ma nessuno sa rintracciare le mie tre frasi in un pezzo hip hop.
Per giorni continuo a rappare.
Studio da infermiera
tiro cocaina
sono sagittario
Se solo ricordassi un particolare, qualcosa che mi aiuti a dare un nome e un giorno a tutto questo.
Ehi sono Serena studio da infermiera tiro cocaina sono sagittario. Sì potrei essere io. Se ci metto il nome davanti pare che sta parlando di me. Non è che sono una rapper e non lo so? Ehi sono Serena.
Il figlio di Bruno
Se fossi stato calciatore avrei potuto aiutarti. Bastava che sapessi appena palleggiare. Con un po’ di fortuna e una buona scuola calcio saresti stato mio figlio, il figlio di. Un calciatore come papà. La curiosità del cognome e avresti avuto quell’attenzione che altri ragazzi possono solo sognare. Già solo quello ti avrebbe aiutato. Il minimo per entrare in una squadra pure piccola, farsi notare, farsi prendere come il figlio di. Un motivo per far uscire il nome della squadra sul giornale e saresti stato famoso pure tu. Forse è stato il confronto con papà. Forse non hai creduto abbastanza in te. Sono sicuro che non ti ricordi ma una volta venni a vederti giocare con i tuoi amici: una partita di un torneo amatoriale. Nell’altra squadra, non potevate saperlo, c’erano finti amatori, veri campioni anche se di categorie inferiori, gente di mestiere ma sfortunata o prestata a un torneuccio del giovedì sera. Perdeste, e anche di molto, ma tu segnasti quattro gol da fuoriclasse. Mi ero illuso che potesse essere il segno di una vocazione e invece il giorno dopo, come se volessi punirmi per il mio essermi fatto abbagliare dal tuo talento di una sera, mi annunciasti che avevi fatto domanda per la scuola di polizia. Io che ti avevo visto sudare e pagare il diploma me ne feci una ragione. Poi fini quell’amore come te ne erano finiti altri. Infatuazioni passeggere, fissazioni. Oggi non so più che farai, quanti biglietti da visita col tuo nome, quante nuove società, imprese commerciali. So che non sei quello che voglio ma so che sei mio figlio. Nient’altro. E finalmente mi basta.