storie - LA NUMERO 78
di Sebastián Lacunza
BUENOS AIRES Victoria Solo nel 2004, a 27 anni, «Analía» ha scoperto, grazie alle Nonne di Piazza di Maggio, di essere Victoria, di essere stata rubata appena nata ai suoi genitori desaparecidos e allevata da un «padre» che era uno dei torturatori dell'Esma. Ora è deputata e in un libro racconta la sua vita CONSERVATA Victoria Donda, l'onorevole Victoria Donda, la più giovane deputata della Camera argentina, figlia di desaparecidos, recuperata dalle Nonne della Piazza di Maggio, è La bella ragazza dai profondi occhi neri ha dovuto fare una strada lunga e difficile prima di conoscere il suo vero nome. Bambina rubata e allevata da un torturatore dell'Esma, la Scuola meccanica della Marina, ha saputo solo a 27 anni di essere figlia di genitori desaparecidos e nipote di un altro dei killer della dittatura. Un cammino traumatico, inatteso, in cui si ritrovò, mentre ancora adolesecente militava a sinistra, in misteriosa sintonia con un passato che allora le era ancora sconosciuto, fino a divenire nel 2007 la deputata più giovane del parlamento argentino. Forse la sua storia è la più drammatica dell'infinità di storie drammatiche dei cento figli di desaparecidos che sono riusciti a recuperare la loro identità nel corso degli ultimi trent'anni. E questa ragazza, che è stata la numero 78 a essere recuperata e ostenta un look inequivocabilmente porteño, ha trovato la forza di raccontarla nel libro «Mi nombre es Victoria» che è andata a presentare in questi giorni in alcune città d'Italia e a partire da domani, d'Europa. La bambina appena nata fu strappata dalle braccia di sua madre, María Hilda Pérez, detta «Cori», nella Escuela Superior de Mecánica de la Armada, l'Esma, il principale campo di concentramento e di morte della dittatura militare del '76-'83, in cui sparirono nel nulla più di cinquemila persone: attivisti sociali, militanti politici, guerriglieri e molti loro famigliari. Prima di scomparire, Cori riuscì a mettere a Victoria un cordoncino azzurro nel piccolo buco praticato nel lobo dell'orecchio. Al parto, nel 1977, presenziò Adolfo Donda, fratello di José María Donda, detto «el Cobo», padre di Victoria e militante montonero, la guerriglia della sinistra peronista. Il marinaio Adolfo, invece, era il capo del settore Operaciones dell'Esma e in quanto tale fu lui a organizzare il sequestro di suo fratello. Il militare si «prese cura» anche di Eva, la figlia che era nata un anno prima, e diede la neonata Victoria al guardiamarina Juan Antonio Azic. Carlos Lodrkipanidse, uno dei pochi sopravissuti dell'Esma, raccontò un fatto che dà un'idea definitiva di chi fosse Azic. «Quell'animale, mentre io era detenuto e legato a un letto nell'Esma, mi appoggiò sul petto mio figlio Roberto, che aveva allora 20 giorni d'età, e cominciò a torturarmi con la picana, quel pungolo che dà scariche elettrice a contatto col corpo, per estorcermi informazioni». Poi, tenendo il piccolo per i piedi e con la testa in giù, Azic disse: «Se non parli gli spacco la testa sul pavimento». La figlia di Cori e del Cobo crebbe con un «padre» come questo, che le diede il nome di «Analía». Per qualche ragione insondabile (forse un prete di sinistra a scuola) «Analía» si sentì attratta, fin dalla adolescenza che passò a Quilmes, un sobborgo della Gran Buenos Aires, dai movimenti sociali. Nel 2001, l'anno del collasso finale della forsennata decade ultra-liberista in Argentina, Victoria, già attiva militante all'università, si lanciò nelle strade insieme ad altri milioni di argentini furibondi e disperati, e, incredibilmente, trovò la comprensione di suo «padre». Il 24 luglio del 2003, un giovedì, un giudice ordinò l'arresto di Azic insieme ad altri torturatori della dittatura. Lo reclamava la giustizia spagnola e ancora non erano ripresi del tutto, in Argentina, i processi per crimini contro i diritti umani. Victoria, che si era ormai trasferita in un centro culturale, quel giorno, come tutti i giovedì, andò a casa per visitare la sua «famiglia» senza sapere della decisione del giudice. Azic, che la ragazza nel libro chiama «Raúl», appariva molto nervoso. Uscì di casa e alle due del mattino Victoria rispose a una telefonata: «Tuo padre si è sparato un colpo». Azic si sfigurò la faccia ma non riuscì ad ammazzarsi. Victoria nel libro racconta i sentimenti che provò davanti al letto dell'uomo che l'aveva rubata e che giaceva ora nel reparto di terapia intensiva dell'Ospedale navale: «Così, quando alla fine capii perché aveva preso quella tragica decisione, non sapevo più per cosa piangere: piangere per il tentato suicidio di mio padre, piangere per il dolore di mia madre, o piangere per i motivi che avevano portato al suo tentato suicidio? Mio padre improvvisamente aveva smesso di essere un innocente commerciante di frutta e verdura di Dock Sud per divenire una delle persone per il cui arresto io stavo lottando da anni. L'immagine di Raúl che mi aiutava con un po' di soldi, dandomi alcuni vecchi mobili o che semplicemente mi portava o veniva a prendermi da un posto come l'Azucena Villaflor, apparivano incongruenti e sfumate al pensiero che la donna a cui era intitolato quel centro culturale era una desaparecida, sequestrata da una squadra d'azione della dittatura». A partire da quel momento, la verità. Le Abuelas de Plaza de Mayo avevano già da tempo sospetti e l'8 ottobre del 2004 i test del dna restituirono ad «Analía» il suo vero nome. Victoria Donda non era l'unica figlia di desaparecidos di cui Azic si era appropriato. Però «Carla», adifferenza di sua «sorella», si oppose alle prove genetiche. Nel 2008, sempre grazie ai test del dna ordinati dalla giustizia su capi d'abbigliamento intimo della ragazza - il metodo alternativo che rimpiazza l'analisi del sangue - si seppe che «Carla» era in realtà Laura Ruiz Dameri, nata anche lei all'Esma, e che aveva altri due fratelli di sangue finiti in due famiglie diverse dopo che erano stati sequestrati i loro veri genitori. Tutti e tre - caso unico - recuperarono la loro identità. Il governo di Néstor Kirchner, fra il 2003 e il 2007, e quello di sua moglie Cristina che gli è succeduto alla Casa rosada, si sono meritati l'entusiasmo di tutti gli organismi e i gruppi di difesa dei diritti umani e anche di diversi partiti di sinistra, fra cui Libres del Sur, quello in cui milita Victoria. La ragazza è entrata in parlamento nel 2007, eletta dalla coalizione che appoggiava i Kirchner, tuttavia meno di un anno più tardi è passata nella fila dell'opposizione denunciano che il kirchnerismo si è allontanato dalle sue promesse originarie. Nonostante ciò, il suo gruppo alla Camera dei deputati a volta vota a favore del governo per bloccare la destra. Laura Ruiz Dameri, la sua «sorella» durante l'adolescenza, non ha ripreso i contatti, almeno in un primo momento, con la sua famiglia reale. Eva Donda, sorella di sangue di Victoria, milita in un organismo che sostiene l'amnistia per i killer e torturatori della dittatura, e difende a spada tratta suo zio, il marinaio Adolfo Donda. Che è stato condannato e si trova in carcere. Juan Azic, il torturatore che si era impadronito di Eva e Victoria, sconta la condanna in una clinica psichiatrica. La testimonianza di Victoria e di Laura è stata fondamentale per scagionare la moglie di Azic, che nel libro appare con il nome fittizio di «Graciela». Stando a quanto hanno sostenuto le «sorelle», lei non sapeva che entrambe fossero state rubate a detenute desaparecidas.
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