Molti anni fa tenevo in mano un libro di Raymond Carver. Erano molti anni fa e non c'era ancora minimum fax a cui la fortuna italiana di Carver dovrà sempre moltissimo. Era una riunione di redazione di una rivista appena nata a cui partecipavo e una tipa doveva aver capito male il mio nome così mi chiese "è il libro che hai scritto tu?". Il libro era della Pironti, un libro di poesie appena uscito che recensivo e che ho ancora insieme con l'intera MinFax collection dell'autore e a qualche garzanti. Le ripubblicazioni einaudi per quanto belle non mi tentano (così come per John Fante rimango legato a Marcos y Marcos) ma ho preso in prestito dalla biblioteca l'antologia ultima dell'autore americano (destinata da Carver stesso a raccogliere il meglio dei suoi racconti), Da dove sto chiamando . Ho letto tre racconti. Uno si intitola Intimità ed è la storia di un tipo che va a trovare la sua ex moglie dopo 4 anni e alle 9 del mattino in casa di lei (il nuovo compagno fuori per lavoro). E' sempre duro il rapporto con le ex sarà che qualcosa rimane, per dirla con De Gregori, tra le pagine chiare e le pagine scure (era così?). Carver rende con perfezione questa atmosfera ibrida ma sentimentale. Che è tutta in un "Dice:" con cui vengono presentate le affermazioni della donna. A voi un brano che si conclude con una strepitosa battuta:
"Non ci stringiamo la mano e neanche ci baciamo. Mi fa accomodare in soggiorno. Appena mi siedo, mi porta un caffè. Quindi comincia a tirare fuori tutto quello che le passa per la testa. Dice che le ho causato un sacco di angoscia, l'ho fatta sentire inerme e umiliata. Non c'è da sbagliarsi, mi sento subito a casa".
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