Storie che ha scritto la vita ovvero La letteratura eterologa
In un capitolo del libro di Bichsel di cui ho già parlato, Il lettore, il narrare, sintomaticamente intitolato Storie che ha scritto la vita, lo scrittore svizzero cita Oscar Wilde - "Capita molto più spesso che sia la vita a imitare l'arte che non l'arte la vita" - e riflette sulle dinamiche di scambio tra le due. In realtà è anche un pretesto per ragionare dell'imitazione tra scrittori. Tra chi scrive al modo di. E scrivere al modo di spesso significa vivere dentro l'Universo di un altro scrittore quasi come in un incubatore artificiale che suggerisce naturalmente sviluppi innaturalmente altri, eterologhi diciamo così. Sì, esiste una letteratura eterologa. In certi casi dichiarata, in altri suggerita da altri, filiata da critici che sanno (sono in grado/ ritengono opportuno) cogliere parentele e le evidenzano. Letterariamente viviamo un periodo di allineamento a un canone di comodo inscaffalamento. Come in ogni campo della scienza della vendita si chiede ai libri di conformarsi a un gusto (il molto dolce, molto grasso dell'industria dolciaria, in letteratura corrisponde al molta trama, molti sentimenti). E abbiamo omesso il genere (si dovrebbe dire i generi ma ormai - rinnovata mercificazione - genere è "il genere" ovvero il poliziesco/hard boiled/giallo e sfumature di colore) prova ennesima del Canone. Ci si attende ora che al bio dell'alimentare faccia seguito una tracciabilità dello scrivere.
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