Eh, la novella italiana...
Conoscete forse la mia debolezza per Robert Walser. Credo di averla esplicitata spesso qui. In Walser ammiro un tono vagamente incantato, addolcito dall'osservazione delle cose. Come se l'esistente fosse foriero di piaceri piccoli e inattesi ma anche di brucianti perplessità come in questo racconto di cui vi parlo oggi. Si intitola La novella italiana (ed è in Pezzi in prosa) ma il gioco è: sostituire al titolo qualsiasi cosa vi susciti un senso di soggezione ideale.
Ho serio motivo di chiedermi se piacerà una storia che narra di due persone o personcine, ovvero di una graziosa, amabile fanciulla e di un bravo e buon giovanotto (nel suo genere almeno altrettanto amabile) che si trovano nella più bella e intima relazione di amicizia reciproca. L'amore tenero e appassionato che sentivano l'uno per l'altra somigliava, per calore, al sole estivo e, per purezza e castità, alla neve decembrina".
Così inizia Walser. Ma poi si annida nel racconto un'ombra che è alla fine una luce. La luce della novella italiana che fa dire al Lui della storia che mai potrà essere eguagliata dal loro amore. Salvo l'happy end in cui l'amore reale supera la pur abbagliante bellezza del racconto italiano. E ho pensato a quanto un master o un credo esterno sia esso televisivo, cinematografico o letterario (e, comunque, d'invenzione) possa compromettere la riuscita di tanti amori imbarazzati da una formazione idealistica.
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