Oggi ho deciso di parlarvi di Colazione da Tiffany. Del film, non del libro. Vi voglio parlare ancora di Audrey sapendo di fare cosa gradita a molte e molti. Vi voglio parlare di uno dei film più moderni nell'avvicinarsi al disvelamento di certi tic contemporanei. Parlo di tic sentimentali, obviously. ma parlo anche di una base di insoddisfazione, indeterminatezza, inadeguatezza e intensi desideri che tutti ci muovono. In direzione incontrollate. Non dico sbagliate: dico incontrollate. E incontrollabili (se viste da fuori). La Nostra è in preda a quelle che chiama "paturnie" (unico verbo che la invecchia) e per reazione sublima con Tiffany. Ed è di una gioielleria che vorre parlarvi. Di un luogo che renda sublime quel che non è sublime da solo. Vi vorrei parlare di un gatto - a costo di apparire animalista, quell'animalista che non sono. E già perché il gatto in questo film ha un'altra funzione catartica. Nessuna sublimazione no, in questo caso. Ma il ricettacolo di tutti i temperamenti discordi di Lei. Il gatto fa da contraltare, da catalizzatore, quello che in poesia si chiama correlativo oggettivo. Sguardo esterno e esemplificazione del sentimento della protagonista. Ma in definitiva vi avrei voluto parlare di sentimenti, di difficoltà operative (le chiamiamo così?) che lo rendono impermeabile, lo allontanano e avvicinano da/a noi secondo leggi che non padroneggiamo più. Ma come al solito non so bene di cosa vi voglio parlare. Forse solo di una canzone e di una colazione. Dove vi pare.
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