La vita come un mobile dell’ikea
Era montata male. Era stata montata male. Senza istruzioni. Ma funzionava. Si reggeva. Aveva persino trovato il modo per giustificare giunture che scricchiolavano, parti fuori asse rispetto al resto. Quello che davvero e nel complesso non tornava aveva finito per accettarlo. Per pigrizia aveva ritardato a riavvitare le rondelle ormai allentate e lasche. Per indolenza tutto era finito per andare verso il disfacimento. Ed è difficile ricordare perché alla fine si era deciso a rismontare ogni cosa e a provare a rimontarla. Non rammentava se era successo che qualcosa era caduto e quando. Forse di notte un qualcosa era precipitato producendo un rumore sinistro che lo aveva svegliato. Poteva anche essere successo di giorno. Forse alla fine si era sfaldato tutto nel tempo. Forse dopo stava tutto lì a terra e senza un ordine, un criterio. Forse nulla aveva più retto. Così dopo giorni e giorni aveva deciso che tutta quella roba ammucchiata non poteva più stare lì in mezzo. Che andava rimessa insieme. Ma ritardava a farlo perché non ricordava più da che parte si inizia e perché. Era soprattutto “perché” il termine della questione. L’ostacolo alla risistemazione. Poi un giorno – forse doveva aver provato a rimettere qualcosa insieme alla meglio – si era deciso a riniziare tutto daccapo. Aveva provato e si era arreso: non era più possibile sistemare, riaccorpare. Andava davvero rimesso tutto insieme di sana pianta. La tentazione iniziale era stata buttare tutto. Poi, la tentazione era stata rimettere le cose insieme alla meglio. Ma una volta doveva aver deciso che doveva essere fatto e fatto come si deve. Aveva messo da parte ogni sua capacità, il suo modo di riuscire sempre a cavarsela, di mettere le cose su come venivano riuscendo a farle stare comunque e aveva preso le istruzioni. All’inizio non era stato facile. Sapere come si fa è spesso il modo peggiore per fare ma anche una certezza a cui è difficile rinunciare. Così aveva fatto finta di dimenticare quello che sapeva e aveva rifatto passo passo quello che andava fatto. Facendo anche quelle operazioni apparentemente inutili che era abituato a saltare per andare al sodo. Non diceva “ecco come si monta”. Montava e basta. Nulla di più, nulla di meno. E tutto stava lì normale, come doveva stare, senza clamori, senza idee. Tutto funzionava senza di lui. E gli sembrava una grande libertà esserci quel che bastava. Un po’ di meno rispetto al solito. Ma nel modo in cui doveva essere. Semplice.
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