Fabre, Virzì, Thoreau e propagande inutili
Diari di visioni. La mostra di Jan Fabre vista al Maxxi la scorsa settimana. La continua perversione di un limite. In un certo senso, lo stesso che viene continuamente spostato in “Walden” di Thoreau che rileggo in questi giorni. Che rileggo costantemente. Io, i miei confini. Noi, i nostri schemi consolidati. Qualcuno che ce li sposta. Qualcuno che lotta, invece, perché tutto sia nella carreggiata in cui ogni cosa rimane com’è/era. Una frontiera del vivere comune con buona pace di tutti, nella mediocrità. Lasciare le cose come sono. O riportare le cose al “come dovrebbero essere”. Tutta una strada in salita. Una via su cui arrancare. E scegliere di vivere a strappi. Essere lo strappo che porta tutto nel posto in cui tutto dovrebbe essere, dando all’umanità una nuova possibilità. Contro chi lascerebbe le cose nel modo in cui sono, per dare clima alle proprie bassezze. Ho visto “Il capitale umano” e, a parte una soluzione di sceneggiatura un po’ sciatta (utile a sciogliere la vicenda) e un personaggio (quello interpretato da Lo Cascio) forse scritto con troppa imbastitura, mi è sembrato un bel film. Il vaffa di Servillo ha un pessimo sonoro: avrebbe meritato un suono migliore. Andrebbe campionato per capire quanto il nostro giornalismo sia diventato manieroso, villoso. Capirei che ci sentissimo tutti di meno se quando ci sentiamo dobbiamo dirci cose così inutili. Non è meglio vedere persone con cui abbiamo da dirci cose più urgenti? Dopo siamo stati in montagna. Ma non per andare in montagna. Andavamo in un posto in cui, per un po’ almeno, non saremmo stati protetti da due schemi che finora ci sono stati utili per non arrivare alla nostra verità su noi stessi (torno ancora a Thoreau). La visione che vorrei propagandare è quella che non lascia le cose uguali. Ed è la visione da raccontare. La propaganda è del tutto inutile. Commercialmente è una visione molto poco vantaggiosa. Lo svantaggio porterà un futuro vantaggio. Il vantaggio porterà una sicura crisi.
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