Ho letto “In trappola” di Herta Müller
Di Carvelli (del 31/01/2014 @ 08:45:24, in diario, linkato 1133 volte)
Ho letto “In trappola” di Herta Müller (Sellerio), tre saggi ben annotati e curati da Federica Venier. Il tratto che tiene tutto insieme è l’esistenza in tempi di dittatura e di controllo. La difficile esistenza umana in catene. Fin troppo facile pensare alla condizione di uno Stato autoritario (e non si può mancare di sottolineare che è il filo che tiene i tre saggi). Più tortuoso ma non ambiguo – secondo me – pensare alla condizione dell’essere in un qualsiasi regime di controllo. Certe frasi mi hanno fatto pensare al mondo del lavoro, altre ai sentimenti, altre ancora alla pubblicità e al marketing. Cito: “Vite umane vengono apertamente sepolte oppure fatte crollare su se stesse, segretamente, attraverso il logoramento. La semplice ragione viene dichiarata nemica. Il tentativo di dare un senso alla propria vita viene sventato e punito”. Non per essere riduttivo e mancare il senso del libro che si esprime, ad esempio, in forme di resistenza preziosa e confortante come questa sulla poesia atto di riparo. Segreto, anch’esso. Cito: “In Romania molta gente si è aggrappata a poesie. Ha pensato grazie ad esse, per essere un momento sola con se stessa: brevi versi in testa, breve respiro in bocca, brevi gesti in corpo. Le poesie si addicono all’insicurezza, grazie alle loro parole ci si tiene in pugno. Sono un sostegno che si può portare in mente. Le si può recitare interamente, parola per parola e in silenzio”. Nella lingua del Nobel Müller c’è qualcosa di aspro e abissale almeno quanto i suoi temi. La “responsabilità inaccettabile per l’infanzia” a cui sono costretti i bambini traguarda i campi di sterminio e le dittature e fa emergere altre precarietà. C’è poco da sperare? C’è poco da sperare. Persino la libertà ha un suo lato scomodo o ingestibile per i più come fa dire a Ruth Klüger in citazione: “Chi è libero è imprevedibile, e non ci si può fidare di lui. Chi è libero diventa pericoloso per gli altri”. Il costo sociale della libertà – speranza contro la vita in catene, soluzione al dramma del controllo – paga l’isolamento. Uno scambio parimenti doloroso. Ma esistenzialmente etico.
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