USA, URSS, oggi e domani percepito
Giorni fa (il 6 luglio) leggevo sul “Corriere della Sera”, nelle lettere a Sergio Romano (in genere le lettere ai giornali, per una mia iniqua deformazione del senso attivo/passivo della lettura, è una delle parti che salto a piè pari), una missiva di un lettore che riferiva di un sondaggio effettuato in Francia. Dal 1959 a oggi per tre volte è stato chiesto ai transalpini “Quale paese ha maggiormente contribuito alla sconfitta della Germania?” durante la Seconda Mondiale. Si è passati dal 57% URSS e 20% USA del 1945, al 25% Sovietici e 49% States del 1994, fino al 20% Russia e 58% America. Disegnando, insomma, un arco inverso che sembra quasi speculare nella sua inversione. Tralascio la risposta che, naturalmente, mette in risalto la non verità storica dei sondaggi ma la percezione (“giudizi e pregiudizi”) della Storia. Meno importante e più importante per motivi diversi. Forse meriterebbe un test la percezione di questa conquista democratica dovuta ai liberatori. Di quale senso di democrazia atteso e disilluso portato dalla liberazione parliamo e quali ne sono le conseguenze attuali rispetto ai suoi albori?
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