Maupassant, il racconto, il film, l'età dell'oro
Sembra incredibile come un racconto possa diventare tutt’altra cosa nelle mani di un bravo regista. Accade spesso anche in quelle di uno non bravo, per dire. Ma in questo caso parliamo di uno abilissimo (Monicelli) e di un film riuscito (“La grande guerra”). Omaggio – più o meno dichiarato – a un racconto di Maupassant che ho riletto da poco. Il racconto si intitola “Due amici”. I protagonisti (Sauvage e Morrissot) poco sembrano aver a che fare con i nostri Gassman e Sordi. Diversa la lor pacatezza, l’amicizia, la passione scanzonata per la pesca e la casuale caduta in mano militare. La guerra – nel racconto quella franco-prussiana – del film è la Grande (con uno slittamento verso il passato più recente e doloroso della Seconda che non può che essere tattico nella scelta del team di scrittura italiano), che in questi giorni rievochiamo pregni di imbarazzo per la sua efficacia mortifera di cui non possiamo dirci pentiti stante la contemporaneità di molti altri conflitti in cui in qualche modo entriamo come protagonisti o antagonisti, suggeritori o suggeriti. Il film monicelliano (l’idea era dello sceneggiatore Vincenzoni) ha una parentela labile con il racconto di Maupassant a cui aggiunge spunti dalla grande letteratura del fronte. In definitiva, è nella soluzione finale il legame tra il plot della novella e il più articolato sviluppo del film. Un andare a ritroso che ha reso fortuna e successo alla pellicola di Monicelli senza togliere grandezza al bel racconto di Maupassant. “Mi te dis proprio un bel gnent faccia de mer…” dice Gassman con insolito rabbioso eroismo alla richiesta del luogo di costruzione del ponte del tenente mentre nel racconto del grande novelliere francese la richiesta era di una parola d’ordine. Un gesto di scrittura e creazione che mi fa pensare a quanto la scrittura cinematografica novecentesca abbia vissuto di legami benefici e trasudi (anche se non dichiarati) con la grande letteratura. Un modo di lettura e scrittura diffuso che, anche quando parliamo di commedia, non manca di suggerisci la statura elevata di quel pensiero di artigiana confezione dei soggettisti del primo grande cinema italiano.
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