Quello che c'è di bello e di (poco) rassicurante nella letteratura è che se ne può dire tutto e il contrario di tutto. Da questo punto di vista non vedo nulla di strano nella lettura di Nove del romanzo di Piperno. Ammiro Nove e ho avuto la sensazione di un buon esordio dalla lettura del libro di Alessandro Piperno (di cui parlo nel prossimo Blue mettendolo in relazione con Klito di Carlotti e parlando essenzialmente di lanci editoriali più che di libri). Due scritture due scrittori. Penso che ci troviamo a parlare tanto di Piperno perché di Piperno se ne è parlato tanto. Volutamente. Strategicamente. Questa ne è l'inevitabile risulta. Tutti ne parlano>parliamone male. E l'esperimento è possibile (riesce) perché a buona ragione di tutto e tutti si può parlare bene e male. Ma - attenzione - credo che del libro di Piperno non si sia mai definitivamente parlato (parlato) finora. Non erano parlare gli osanna, non è parlare il pretestuoso stroncare (ma non mi riferisco a Nove ma nel caso a Pacchiano che pur avendo offerto una oculata lettura è anche lui scivolato nella caccia al refuso). Del libro di Piperno non si è parlato e non se ne parlerà in definitiva se non in questo ormai esploso pepponismo e doncamillismo che poco ha a che fare con il libro perché sinora nessuno ha voluto avere a che fare con il libro ma con il suo successo: chi procacciandolo, chi cercando di oscurarlo, chi giustificandolo, chi criticandolo (il successo non il libro). Partiamo da un assunto primigenio - visto che del libro non si chiede di parlare (ancora) ma del suo successo: l'Italia non permette una letteratura di successo - dovremmo dire di cassetta/di botteghino - (salvo il - lui sì - rassicurante divertissement di Eco). Di Erri De Luca anni fa si parlava con grande rispetto e attenzione poi dalle 65mila copie raggiunte è diventato trash. Della Tamaro (caso diverso, senz'altro) non parlerò neppure... bisognerebbe davvero costituire una task force umanitaria (c'è gente che di punto in bianco le ha negato il saluto, cancellato il suo numero di cellulare). Faletti e Ammaniti sono tollerati nel nome del "genere e del plottismo" e Brizzi (allora troppo giovane) fu perdonato e poi si è inabissato. Comunque ho scritto su BLUE e mi trattengo. Vorrei dire qualcosa del libro ma ormai è tardi e citando Walter Pedullà (lo intervistai) che parlava della Tamaro mi disse "ormai (arrivato a questo numero di copie ndr) non riguarda più la critica letteraria ma la sociologia".
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