A prima vista più che un libro, il racconto di Roberto Carvelli sembra un gadget natalizio da regalare agli amici smart-muniti: titolo ammiccante, promessa di una sessantina di pagine leggere, divertenti. Superficiali probabilmente, anche dal punto di vista sessuale. Quante posizioni si possono arrivare ad immaginare dentro una smart? Poche, ovvio. E sono infatti poche quelle che l’autore dipinge nei suoi incontri con Luna. Incontri che si consumano rigorosamente in Smart, senza preliminari, senza cena prima o cinema dopo, in fin dei conti senza mettersi in gioco più di tanto. O forse no?
La superficialità preconcetta, che viene facile di primo acchito, si perde dopo poche pagine, quando lo stile asciutto di Carvelli e la sua spietata lucidità nel guardare la generazione a cui appartiene, se stesso forse, comincia a toccare qui tasti che sono la sostanza della vita. Le relazioni, l’amore, il lavoro, la realizzazione o il fallimento, i bilanci di un single di quarantacinque anni, il sesso vengono impressi sulle pagine come scatti di una polaroid sui tempi che corrono. Senza fronzoli, senza falsi pudori, senza prendersi in giro per non accorgersi del disincanto con il quale si vive. “Incontrarci e separararci è la sola traccia che lasciamo del nostro passaggio nel vuoto” scriveva Stefano Benni in Baol e qualcosa di simile lo dice anche il protagonista del racconto. Un racconto dove ci sono soltanto loro tre: lui e lei, con i loro venticinque anni di differenza, e la Smart, con le informazioni del depliant pubblicitario a mo’ di citazioni letterarie a inizio capitolo che sanno tanto di istruzioni per la vita moderna. “ A volte è necessario cambiare tutto perché niente cambi. Per questo alla Smart è naturale mettere in discussione i risultati acquisiti e proporre sempre soluzioni innovative. (Depliant Smart Fortwo coupé & Smart Fortwo cabrio 2004).
Kamasutra in Smart dimostra che non bisogna credere alle apparenze: lo stesso Carvelli in un’intervista definisce il titolo del racconto “un cavallo di troia”. E’ davvero così, quel titolo serve solo (spudoratamente) a fare acquistare il libro. Ma in questo modo, ci domandiamo, non rischia forse di perdere quei lettori -un po’ meno “da gadget”- che i libri li leggono anche e che potrebbero passare, in sua compagnia, un’ora di piacevole lettura?